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di ANTONIO ANGELI Sembra di vederli quei soldati alleati a Capri nell'ottobre del '43: sono dei «duri», non potrebbe essere altrimenti, perché in guerra ci si diventa per forza.

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Èuno dei ricordi di guerra di John Steinbeck, Premio Nobel per la letteratura, che ha firmato capolavori assoluti come «Uomini e topi», «Furore», «La valle dell'Eden». Steinbeck fu, come parecchi altri grandi, inviato di guerra. Fu mandato sul fronte europeo nella seconda metà del 1943. Di quella guerra, per sua stessa ammissione, si accorse ad un certo punto di ricordare poco. I greci antichi sostenevano che una guerra ogni vent'anni era salutare per far capire ai giovani come andavano le cose della vita. Invece per lui, americano della California, tanto orrore doveva essere dimenticato. Ma non per sempre. Ed ecco allora che Steinbeck riscrive la «sua» guerra, vissuta in prima persona, descritta con penna sublime in «C'era una volta una guerra - Cronache della Seconda guerra mondiale». Lo scrittore fu catapultato dai campi d'aviazione inglesi, da dove partivano i bombardieri per martellare la Germania, all'Africa e infine alla nostra bella Italia, massacrata da un conflitto incomprensibile. Il libro, una prova di altissima letteratura, non è un trattato di guerra e battaglie, ma un saggio meraviglioso di speranza nel genere umano. Quest'autore, che così sapientemente ha voluto estrarre il dramma da ogni momento e da ogni situazione, con la guerra ha la mano incredibilmente lieve. Specialmente quando arriva in Italia: in Sicilia, a Palermo, a Salerno a Capri e a Ventotene. Nella guerra Steinbeck evita scientificamente i momenti di conflitto: va a scovare gli attimi di noia, nei quali i soldati alleati fumano una sigaretta, si danno una pacca sulla spalla, fanno amicizia con la popolazione. Come appunto con un barista caprese, Luigi, somministratore di buon whisky e soda, ma preoccupatissimo per la figlia, vicina al parto e bloccata a Castellammare, sul punto di essere bombardata. Tra americani e italiani non c'è guerra nel libro di Steinbeck, non c'è odio. E, in barba agli ordini superiori, si organizzerà il salvataggio della ragazza in dolce attesa. L'Italia che esce dalla penna del Premio Nobel è magica. Tanto magica che un tenente dei paracadutisti americani trovandosi di fronte un, più o meno, pari grado tedesco, non pensa di sparargli, ma di offrirgli la resa. Magia della Penisola, magia di Steinbeck. Magari tutta le guerra fosse andata così.

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