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Colline scalate alla garibaldina

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diLIDIA LOMBARDI Questa settimana non girovaghiamo in cerca di dorate stanze, di stucchi, di marmi antichi. Invece andiamo in cerca della Storia, dei posti dove si è sminuzzata una delle pagine più drammatiche, e melodrammatiche, del passato di Roma. Facciamo passo passo l'itinerario della Campagna dell'Agro Romano, come epicamente fu chiamata la spedizione delle Camicie Rosse che nel 1867 tentò la spallata allo Stato Pontificio. Gli scontri tra i volontari agli ordini dei Garibaldi - il Generale fuggito da Caprera per l'impresa e i figli Menotti e Ricciotti - e le truppe del Papa sostenute da Napoleone III giunsero al diapason a Monterotondo e a Mentana. Ma il tentativo di prendere la Città Eterna portò fuoco e fiamme in molti altri municipi del Vaticano. La direttrice principale dei Volontari che volevano far ribellare l'Urbs al Papa Re («I romani hanno il diritto degli schiavi, insorgere contro i loro tiranni», sentenziò istrionico Giuseppe Garibaldi) era quella che da Rieti conduce a Porta Pia. Territorio montuoso e poi punteggiato di colline, perfetti avamposti per sorprendere il nemico dall'alto e dalla boscaglia. E perfino servito dalla ferrovia, con convogli sfruttati dai garibaldini. Le battaglie più crude si svolsero a 30 chilometri dalla meta, su quella via Salaria che è ancora una fettuccia tra ruspante verde di cespugli, rovi, uliveti, vigne. E allora eccolo, il sentiero di guerra. A Rieti Garibaldi arrivò il 23 ottobre. La tappa successiva è Scandriglia, in piena Sabina: è il tempo della raccolta delle olive e del vino novello, ma le campagne bruciano sotto il tuono dei cannoni. Il Generale assume il comando dei volontari a Passo Corese. Intanto altri borghi medievali e rinascimentali avevano sentito i colpi dei mazziniani. Menotti con i suoi uomini ad inizio ottobre era acquartierato a Montelibretti. Le scintille con i soldati pontifici avvengono nel pomeriggio del 13 ottobre. Mezz'ora di fuoco che si conclude con la sconfitta del giovane Garibaldi e con cinque morti dei suoi, come ancora ricordano le lapidi in paese. Nerola (il Novecento la ricorda per il «mostro», un killer che uccideva in cascina) vede l'assalto garibaldino alla mole del Castello Orsini. Il tricolore sventola dai torrioni la mattina del 18 ottobre. Ma dura poco, è scaramuccia e i Volontari issano bandiera bianca. Il bollettino registra 134 prigionieri, 9 feriti e 2 morti tra i patrioti; tra i papalini 5 ci rimettono la pelle. Poi arriva il Generale. Vorrebbe marciare verso Tivoli, ripiega per l'arroccata Scandriglia. La faccenda si mette male, si rifugiano nel santuario francescano di Santa Maria delle Grazie. È il 19 ottobre. Ma sei giorni dopo, il 25, la musica cambia. Garibaldi sorprende all'alba gli abitanti di Monterotondo. Ha al seguito i fratelli Cairoli e la contessa Blawaski, ardimentosa russa. L'Eroe dei Due Mondi maramaldeggia. Incendia Porta Romana (oggi è Porta Garibaldi) che Pio VIII aveva fatto costruire in legno di pino rinforzato con la chiodatura. I feriti riparano nelle chiese di San Rocco e di Santa Maria. Garibaldi è una furia. Minaccia di bruciare gli altri varchi alla città, di minare le fortificazioni. Il municipio si arrende. Ma è l'inizio della fine. I francesi decidono di intervenire. Sbarcano il 29 ottobre a Civitavecchia, forti dei fucili chassepot, capaci di sparare 12 colpi in un minuto. Fanno saltare i ponti. Quello Salario, quello Nomentano, sulla via che porta dritta alle Mura Aureliane. Il popolino romano non s'impiccia, nicchia, non insorge. Garibaldi pensa di avanzare a Tivoli, l'altura che con le pendici quasi tocca Roma. Invece rinuncia e col figlio Menotti fa una ricognizione a Mentana, incassata tra colline floride. I Volontari si portano appresso, per i due chilometri da Monterotondo a Mentana, una coppia di cannoni. Entrano nella città il 3 novembre alle 12,30. È domenica, sperano che le truppe del Papa non sparino nel giorno del Signore. Fanno barricate con le panche della chiesa di San Nicola, si piazzano nel Castello. Ma gli alleati sotto la bandiera gialla e bianca prendono la benedizione alla Santa Messa e poi bung, sganciano dai cannoni. I garibaldini capitolano ancora una volta. Il monumento ai Caduti di Mentana testimonia dei 150 morti. Il Generale ripiega poi verso Subiaco e Arsoli. Il conto col Papa lo salderanno i bersaglieri dei Savoia il 20 settembre 1870. E noi leggiamo la cronaca della sfortunata impresa nel Museo di Monterotondo. Tra le camicie rosse conserva anche un catenaccio: quello della corrusca Porta Romana e poi Porta Garibaldi.

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