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De Benedetti e il direttore Manfellotto reinventano la rivista con la «E» maiuscola

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Etanto per cominciare recupera quella «E» grande nella testata, nel rispetto delle storiche, passate edizioni e un po' in barba alle mode grafiche del momento. La «rivoluzione» partirà nella seconda metà di febbraio con la (ovvia) benedizione dell'editore, l'ingegnere Carlo De Benedetti che, da quando non c'è più il grande Ferrari, è l'unico Ingegnere con la «I» maiuscola rimasto in Italia. L'altra sera, con una bella cerimonia nel salotto vip della Capitale, l'Ara Pacis, ha visto la luce il progetto per il nuovo Espresso, pensato e voluto dal direttore, Bruno Manfellotto. Un rinnovamento che, nell'epoca del «puro digitale» riscopre il sapiente lavoro di raccontare le notizie nella cara buona vecchia lingua italiana. Senza dimenticare che siamo nell'era dell'iPad. Una cosa appare chiara: nel «magma» del villaggio globale il lettore rischia di perdere l'orientamento. E chi vuole contare deve apparire sulla carta. Ne è convinto Bruno Manfellotto, da luglio direttore della storica testata, che ora scalpita, dopo tanto progettare, per dare alla luce il «suo» Espresso. «Mi piace ricordare - spiega il direttore - che quando Julian Assange ha deciso di svelare i segreti di WikiLeaks li ha messi sul sito, ma poi li ha inviati ad alcuni giornali e tra questi L'Espresso. Perché una notizia va mediata, meditata e spiegata. Una massa di documenti è roba per gli addetti ai lavori, non ci capisce niente nessuno. Un grande teorico della comunicazione via Internet ha capito che se si vuole contare qualcosa bisogna passare per la carta, che ha una funzione diversa dalla rete e dalla televisione». La «trasformazione» dell'Espresso «partirà dalla copertina - aggiunge Manfellotto - dove torna la "E" maiuscola, rielaborata con Joel Berg nel segno della novità con al suo interno inserito il tradizionale apostrofo. Una copertina che vuole apparire aperta, uscire dal suo guscio, essere nuova e moderna. Nella tradizione resteranno le inchieste e le opinioni, alle nostre tradizionali firme si aggiungeranno nuovi commentatori. Si partirà, come sempre, da Altan, poi Serra e gli altri e la chiusura sarà come da tradizione affidata alla Bustine di Minerva di Eco e ad Eugenio Scalfari. Sarebbe sacrilego pensare di cambiare questo». A brindare alla rivincita della carta stampata con il nuovo Espresso, molto informalmente, Scalfari rigorosamente in maglione, l'altra sera all'Ara Pacis c'erano un po' tutti: l'Ingegnere (quello con la I maiuscola), direttori e grandi firme. Il nuovo settimanale sarà diviso in tante sezioni, ognuna contraddistinta da una «copertina», con un commento e una foto. Un «vestito» studiato per dare risalto alla cultura, l'economia, le scienze, la società. «L'Espresso - ha sottolineato Manfellotto - è rimasto l'unico vero news magazine del Paese. Gli altri o hanno imboccato strade diverse o hanno chiuso. Noi siamo rimasti l'ultimo settimanale che continua cocciutamente a dare le notizie». Ci sarà anche una particolare novità, un «sipario» che si apre sul «dietro le quinte» di un grande settimanale: «Vicino al mio commento - svela Manfellotto - ci sarà "l'altra copertina". Perché c'è sempre, in un giornale, la scelta tra due foto, due notizie. Metterò all'interno la copertina che alla fine non ho scelto, spiegando anche il perché è stata presa quella decisione». Tutto sottolineato dal «rosso Espresso», quel particolare colore «fatto apposta per noi - aggiunge il direttore - e che ormai è un segno distintivo». E alla rete, nemmeno una concessione? «Certo che sì - aggiunge il direttore - oltre alle due versioni de L'Espresso per iPad, una da sfogliare come il giornale, l'altra pensata per questo supporto, vogliamo arricchire il sito con notizie fresche. Chi si collega per leggere le nostre pagine vuole anche un valore aggiunto sulle notizie del giorno». Insomma il settimanale L'Espresso, almeno su Internet, per il futuro vuole diventare un po' quotidiano. Ma questa, per il momento, è un'altra storia.

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