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I tagliatori di teste decapitati

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diANTONIO ANGELI Di lui la Storia, quella con la «S» maiuscola non si è mai occupata: eppure Augustin Robespierre, fratello minore di Maximilien, è uno di quelli che la Rivoluzione francese l'ha fatta davvero e non dietro ad un tavolino a stilare liste di gente da ghigliottinare. Questa lacuna l'ha riempita un attento storiografo italiano, Sergio Luzzatto, con il saggio «Bonbon Robespierre - Il terrore dal volto umano», edito da Einaudi, 126 pagine, 10 euro. Augustin Robespierre, per gli amici semplicemente «Bonbon», era nato qualche anno dopo il fratello e con lui aveva diviso i dolori dell'infanzia: la perdita precoce della madre, il disinteresse dei parenti che li portò a crescere in un istituto religioso. I due però erano energici, di carattere risoluto ed eccezionalmente intelligenti: insomma si capiva che sarebbero diventati qualcuno. Ma qui si fermano le similitudini tra i due che, a parte l'entusiasmo monacale con il quale abbracciarono la rivoluzione, ben poco avevano in comune. Maximilien, quello famoso, era un uomo severo con se stesso e con il resto dell'umanità. Convinto di conoscere i meccanismi del mondo e di saper discernere lui solo, da dietro un tavolino, ciò che era giusto o sbagliato. L'altro, Bonbon, simpatico, forse anche un po' crapulone, e comunque non animato da quella purissima ferocia del fratello. E per questo si era guadagnato quel nomignolo dolce, che ne contraddistingueva il carattere mite. La qual cosa, evidentemente, in quel periodo disgraziato non era certo considerata in modo positivo tanto che questo «Robespierre jeune», riferisce uno storico dell'epoca, era additato come un perfetto imbecille. Una «brocca che suonava» quando il fratello, l'«Incorruttibile», ci bussava sopra. E allora come ora ferocia e incorruttibilità, quantomeno di facciata, erano il lasciapassare per una facile carriera politica. Molte sono le analogie, economiche e politiche, tra i personaggi di quell'epoca e l'Italia di oggi. È facile dire ad una gran massa di persone che vivono male: «La colpa è di questi!», per poi avviarli alla ghigliottina. Gli «incorruttibili», all'inizio, trovano sempre seguito. Quelli buoni di cuore, invece, che mediano e cercano di sistemare le cose come possibile fanno la figura degli imbecilli. Ma a forza di agitare cappi e far funzionare ghigliottine qualcosa pure doveva accadere. E accadde l'incredibile. A Parigi il 27 luglio del 1794 l'intera Convenzione si trovò unita di fronte a Robespierre, l'Incorruttibile, che sventolava l'ennesima lista di «traditori» da far salire sulla ghigliottina. Destra e sinistra, diremmo oggi, si trovarono d'accordo su un punto: fare fuori il «giustiziere» Robespierre. Non si potevano solo tagliare teste, bisognava anche governare il Paese. Una fine ovvia per l'Incorruttibile, quasi una pena del contrappasso. E, imprevedibilmente, Augustin, la «caramella», pretese di essere arrestato assieme al fratello perché «se lui è colpevole lo sono anch'io». Maximilien fu ferito da un colpo di pistola al viso il giorno dopo, in circostanze misteriose, e ghigliottinato in pratica già morto. Augustin si lanciò nel vuoto dal palazzo dove era imprigionato, non morì subito e seguì la sorte del fratello. Così finirono insieme sul patibolo l'incorruttibile Maximilien e il dolce Bonbon, presi nel vortice sanguinoso di una rivoluzione che nessuno più riusciva a governare.

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