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Letteratura Per conquistare la hit dei libri non serve avere talento

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Intellettuali in crisi come i politici Sotto i riflettori cuochi e cabarettisti

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Aguardare la Top 10 dei libri più venduti nel nostro Paese, pubblicata sul Corriere della Sera di domenica scorsa, balza agli occhi un dato statistico: i primi 5 posti sono occupati da autori che parlano di cucina, fanno ridere (nel senso che sono comici di mestiere) oppure sono ex televisivi diventati romanzieri di successo. Ai primi tre posti abbiamo infatti i due libri della giornalista Mediaset Benedetta Parodi ("Benvenuti nella mia cucina" e "Cotto e mangiato"), al terzo Antonella Clerici (volto Rai) con "Le ricette di Casa Clerici"; al quarto Giorgio Faletti, grande protagonista di Drive In negli anni Ottanta ed oggi scrittore, con "Appunti di un venditore di donne" ed al quinto Luciana Littizzetto, presenza fissa alla domenica di "Che tempo che fa" di Fabio Fazio, su Raitre, con "I dolori del giovane Walter". Scendendo, poi, all'ottavo posto incontriamo un altro volto tv, Alberto Angela, figlio di Piero - l'inventore di Quark - con "Impero". Questa classifica pone - nulla togliendo agli autori che la guidano - una domanda: non sarà che l'élite culturali italiane sono in crisi da anni e che in Italia si vendono più libri di cucina che romanzi perché questi ultimi hanno poco da dire ed allora meglio una ricetta, che almeno la sera ci si mette ai fornelli? La domanda è necessaria perché un paese senza élite intellettuali è di certo un paese più povero, che manca di stimoli necessari a migliorarsi, a cominciare dalla vita civile. Per rispondere dobbiamo partire da una scatola, la televisione. È vero infatti che Parodi, Clerici e Littizzetto sono presenze tv, volti familiari per l'italiano da salotto, ma è anche vero che nel 2011 gli scrittori italiani non disdegnano affatto, quando c'è da presentare il loro ultimo lavoro, di apparire sul piccolo schermo. Non potendo quindi essere le sole ragioni di una promozione i motivi della crisi della letteratura in Italia, passiamo al secondo punto, più strutturale: gli italiani leggono poco. Vero, il nostro è un Paese dove carta stampata e libri soffrono parecchio e dove esiste un analfabetismo di ritorno preoccupante, ovvero persone che disimparano col tempo la lettura e la scrittura per il fatto di non praticarle mai. Ma può bastare questo secondo elemento a spiegare la crisi della letteratura e delle élite culturali? Secondo noi no. C'è, nei segnali che arrivano dalle classifiche dei libri, il dato di una decadenza in atto, una sorta di tradimento dei chierici da XXI secolo quasi che il politico prevalesse sul culturale e l'intellettuale non potesse essere se non militante. Una militanza che però, a differenza degli anni Sessanta e Settanta - segnati da partiti forti o da grandi ideologie - nell'era della personalizzazione della politica che stiamo vivendo finisce col distanziare, anziché avvicinare, i potenziali lettori. Ed allora …. tutti corrono ai fornelli: in fondo, lo diceva pure il filosofo francese Michel Foucault: cucinare è divago d'artista.

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