Pochi film alle spalle, ma scelti con cura.
Daun lato, Cetto, il protagonista, è un personaggio forte, conosciuto, netto, una maschera; dall'altra è un film non collocabile, con allusioni a tanti generi, dal sapore raro, surreale, paradossale». «Qualunquemente» è un film che ricostruisce un Sud un po' da favola, un po' da incubo. Pacchiano, e luminoso, allegro e fuorilegge. Ma, svela Manfredonia, è girato quasi tutto intorno a Roma. La villa faraonica, esagerata, coloratissima di Cetto La Qualunque «è dalle parti di Boccea. Non ricordo esattamente l'indirizzo - spiega il regista - ma è vicino al Raccordo Anulare. In realtà è un bed & breakfast, la moglie del padrone fa anche una parte nel film. Quando Albanese l'ha visto è rimasto sconvolto. Non credeva che avremmo trovato una struttura così... Ci siamo chiesti a lungo chi può decidere di andare in vacanza in un bed & breakfast dalle parti del Raccordo Anulare». Ma, evidentemente, era perfetta per il film. Alcuni esterni, invece, sono stati girati in un complesso di case popolari vicino a Tivoli. «Siamo andati a chiedere al comune di allacciare la luce in strada - continua Manfredonia - Ma al municipio non sapevano di possedere l'immobile. Una di quelle cose incredibili dell'Italia». In una parte del film poi c'è l'ex struttura per la cura delle malattie psichiatriche «Santa Maria della Pietà», di Roma. Il regista, evidentemente, non se ne riesce a staccare. È lì che ha girato «Si può fare», con Bisio. Il lungomare di «Qualunquemente» è in realtà a Ostia e l'unica scena in Calabria è quella sullo stretto di Messina, con enormi costruzioni di cemento. «Ma non le abbiamo aggiunte noi con un trucco cinematografico - spiega il regista - certe volte la realtà supera la fantasia». Ma allora questo Sud disordinato, sporco, chiassoso e tutto abusivo è realmente così o no? Prova a rispondere Sergio Rubini (lui è meridionale veramente, pugliese doc, mentre Albanese è nato a Lecco). Ma, visto che nel film Rubini fa la parte di un barese che finge di essere milanese, non resiste alla battuta: «Che ne so io del Sud, che sono di Milano...». Rubini, occhialetti tondi e atteggiamento da santone, nel film è l'esperto di pubbliche relazioni del politico Cetto. «Quella parte - spiega Albanese - la potevamo dare solo a lui. Se non avesse accettato avremmo dovuto toglierla dal copione». «È ovvio che il Sud non è solo questo - spiega Rubini - Il Sud è una realtà molto più complessa e ricca. Il Meridione, quello vero, è più complesso nel senso che è più violento, più ricco, ma in certi casi anche molto più povero di quello che si vede nei film. Naturalmente però - conclude - in un film comico bisogna semplificare». Il co-sceneggiatore del film, Piero Guerrera, ha spiegato: «Sia io che Antonio siamo calabresi (ma forse è una battuta) e con le nostre zone abbiamo un rapporto conflittuale. Amiamo il Meridione, ma ci dà dolori profondi. Il nostro film è un omaggio al Sud e allo stesso tempo un invito a reagire a tutti quelli che resistono con fatica ad una certa politica. Speriamo che rialzino la testa». La pellicola, probabilmente, sarà, fuori concorso, al prossimo Festival di Berlino. A. A.