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Un film fotografa la paura degli esami che ci perseguita per tutta la vita

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Orail film «Immaturi» racconta qell'angoscia: un gruppo di 38enni, 20 anni fa compagni di scuola, si ritrovano a dover ripetere gli esami di maturità perchè il Ministero della Pubblica Istruzione ha annullato la prova. La commedia uscirà in 500 copie distribuite da Medusa con la firma di Paolo Genovese e un cast eccezionale composto - tra gli altri - da Raoul Bova, Ricky Memphis, Luca Bizzarri, Barbora Bobulova, Paolo Kessisoglu e Ambra Angiolini. Nella realtà le cose non cambiano molto: nei giorni immediatamente precedenti alle prove c'è un via vai di ragazzi che entrano e escono da biblioteche e Chiese: nelle prime per riempirsi di più nozioni possibili, nelle seconde per raccomandarsi a Dio per il superamento degli esami. Si passa così all'età adulta (matura) e quindi all'ingresso a tutti gli effetti nella società con relativi diritti e doveri. Quegli esami rappresentano il viatico tra la dipendenza (soldi, passaggi in auto, vacanze con i genitori) e l'indipendenza: si prende la patente, si entra nel mondo del lavoro (teorico) e si può fare molto tardi la notte. Ma per raggiungere la meta il prezzo da pagare è alto e non si dimenticherà facilmente per tutta la vita. Tanto che recenti sondaggi hanno dimostrato che quello degli esami di maturità è l'incubo più frequente degli italiani, adulti e non. Chi può dimenticare quelle lunghissime ore consumate sui libri? Con le nozioni che si accavallano nella testa e i continui mal di pancia per via degli innumerevoli caffè ingurgitati, finché non si va a letto cercando di riposare e bevendo mix schifosi di valeriane, valium e camomille. Si dorme, sì, ma giusto il tempo per avere l'incubo di arrivare in ritardo all'esame e vedersi cacciato dalla scuola. Perché tanta paura? Gli psicologi concordano che nei momenti di maggiore stress si rivive in sogno quell'atmosfera scolastica che procurava tanta ansia. Il sogno nasce dal ricordo di esperienze vissute come un invito a rivalutare le proprie conoscenze. Oppure quell'incubo è l'espressione della propria fobia della folla. L'esame è uno spauracchio, un momento in cui le tue incertezze, le tue sicurezze, le tue abilità saranno messe a dura prova da una banda di estranei che diventano i tuoi giudici. E anche se adesso l'esame non verte più su tutte le materie (addirittura in qualche edizione c'erano anche riferimenti ai programmi del triennio), la paura resta. A toglierla di mezzo non è servita nemmeno la "descolarizzazione" post-sessantottesca, si passò a un esame con due prove scritte e un colloquio nel quale il candidato poteva scegliere due materie e le altre due erano affidate alla commissione. Ora c'è maggiore e quilibrio, tra commissione metà interna e metà esterna, tre prove scritte, quiz a risposta libera o a scelta multipla e una sorta di tesina interdisciplinare. Anche la tipologia del punteggio è cambiata: prima c'erano i voti in decimali e il rinvio alla sessione autunnale per le insufficienze; poi si è passati al voto in sessantesimi, adesso il massimo di una volta, sessanta, è diventato il minimo, mentre il massimo è cento, magari con lode. Ma ci sarà sempre quello che pensa: «Il professore ce l'ha con me». Oppure, cercherà di spiegare il voto basso con malesseri, blocchi psicologici, difficoltà di adattarsi al modo di pensare del commissario, membri interni che non hanno fatto il loro dovere. Ai ragazzi ormai "maturi" e fuori dall'incubo non resta che provare a dimenticare.

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