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La ragione di Tommaso

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diANDREA GAGLIARDUCCI C'è molto dello spirito di Assisi nel pensiero, la vita, le opere di Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa. Che, otto secoli fa, affermava che "la verità non varia a seconda delle diversità delle persone". Che spiegava come, nel dialogare con l'Islam, da lui mai chiamato con quel nome (perché ancora non era considerata una religione, ma un'eresia), non si doveva spiegare la fede con la ragione, ma ricorrere alla ragione naturale, cui tutti sono costretti a piegarsi. Lo racconta Joseph Ellul, domenicano, esperto di dialogo islamico cristiano, in una lectio magistralis che ora è raccolta in un volume, "San Tommaso e il dialogo con l'Islam", edito dal Circolo San Tommaso d'Aquino e dalla Lev. C'è molto di San Tommaso nel pensiero di Benedetto XVI. Che ritorna ad Assisi a dialogare con le grandi religioni del mondo, per contrapporre lo spirito religioso a fondamentalismo e laicismo. E ci va undici anni dopo la Dominus Jesus sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo, documento che lui stesso volle, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e che è da considerare - spiega Jean Louis Brugues, segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica - come una carta dello sviluppo cattolico della teologia delle religioni", all'interno della quale chiedersi come capire l'Islam, qual è il valore delle sue dottrine e istituzioni culturali, qual è il suo posto in quella che viene chiamata economia della salvezza. Domande che sono di strettissima attualità. Il Papa ha preso la parola con forza contro gli attacchi contro i cristiani, un bollettino di vittime aggiornato ogni giorno, dall'Iraq alla Nigeria, passando per l'Egitto. E proprio in Egitto, musulmani e cristiani hanno detto parole fortissime contro il governo che non protegge il diritto alla libertà religiosa, mettendo così le basi di un'aria nuova. Le religioni unite per l'obiettivo comune di vedere riconosciuto il loro diritto a vivere la propria fede, al di là delle istituzioni. Si guarda ad Alessandria, e si pensa ad Antiochia al tempo di San Tommaso, che comprendeva cristiani latini, ortodossi e armeni, nonché musulmani indigeni. Comunità religiose diffidenti e in polemica. Tommaso non polemizza con l'Islam. Piuttosto, fa tesoro delle obiezioni dei musulmani, poste dal Cantore di Antiochia, per costruire un ragionamento nuovo, approfittando dell'occasione per offrire un breve riassunto della dottrina cristiana. Non risponde direttamente, ma insegna che, dalle obiezioni dei musulmani, si possono trovare modi migliori per fare chiarezza sui principi della fede cristiana. Scrive Tommaso nella Summa Contra Gentiles: "Non si deve mirare a convincere l'avversario con il ragionamento; bensì a risolvere gli argomenti da lui adotti contro la verità; poiché la ragione naturale non può essere contraria alle verità della fede". È un lavoro di conoscenza dell'altro e apertura intellettuale, che Tommaso fa a partire dalle fonti arabe, come Avicenna ed Averroè. E senza per questo non essere critico nei confronti dell'islamismo, con parole che oggi sarebbero inaccettabili. Come quando, sempre nella Summa, scrive che "Maometto allettò i popoli con la promessa di piaceri carnali, ai quali essi sono già propensi per la concupiscenza della carne", e "non diede altri insegnamenti all'infuori di quelli che qualsiasi persona mediocremente istruita può dare facilmente e comprendere col suo ingegno naturale". La domanda per l'oggi, afferma monsignor Brugués, è "come vivere insieme con una certa armonia, senza perdere identità nel gioco delle usanze e della democrazia, e come ognuna delle due parti può contribuire a questo gioco". Perché, scrive nell'introduzione il cardinal Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, "il dialogo non è un optional, non è hobby, non è purparleur né compromesso, né tanto meno polemica". Era anche la visione Tommaso d'Aquino, aperto alla verità da dovunque essa venisse. "Tommaso - spiega padre Joseph Ellul - avrà sempre molto da insegnarci su come impostare un dialogo basato non sul pregiudizio vicendevole, ma piuttosto sulla comprensione dell'altro, vedendo in esso l'impronta che Dio ha voluto lasciare come segno della Provvidenza".

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