Marisela Federici: «Conservo lì i telegrammi della seduzione»
Ilmio cuore è là dentro. Ma sono privilegiata, abito in una villa, c'è spazio per tutto». Marisela Federici, la signora più chic dei salotti romani, la «castellana» della villa «La Furibonda», sull'Appia Antica, la bella moglie venezuelana del finanziere Paolo, s'infiamma a raccontare. Com'è fatto, il suo boudoir? Un salottino in fondo a un corridoio, prima della mia camera da letto. Poltroncine di velluto di lino rosso, scrivania di Jacob, l'ebanista francese. Qui leggo i libri, sistemo la carta da lettere, i biglietti da visita, la corrispontenza in un delizioso mobile con tanti cassetti. Un ripostiglio eccezionale. Lo comprai senza pensarci un attimo da un antiquario milanese. È firmato da Piacentini, l'architetto de La Furibonda. E che cos'altro c'è? Tante fotografie. Di coloro che amo, che mi hanno accompagnato durante la vita. Li chiamo "i miei devoti". Amici, figli, la governante. Le foto sono sistemate secondo un criterio preciso. Per esempio, c'è la zona "sacramenti": matrimoni, compresi i due miei, battesimi, prime comunioni. Insomma, tutte immagini liete. Eppure il boudoir nasce come posto dove, letteralmente, tenere il broncio. Beh, guardi, in questa stanza tutta per me spesso mi faccio il massaggio. E se devo rilassarmi, non posso avere attorno oggetti che mi mettano malumore. Però chiudendosi qui fugge dalla realtà. La finestra dà sul parco dell'Appia. Vedo le pecore al pascolo, l'erba che cresce. La brina che rovina le piante del giardino e vanifica i miei sforzi. Vedo l'alternarsi delle stagioni, il tempo che passa. E quando è sera, accende l'abat jour? Certo, il lampadario è bandito. Luci basse per non scavare sul mio volto di sessantenne. Sa perché Dio ci fa vedere di meno quando invecchiamo? Per nasconderci le rughe che avanzano. Le luci soffuse sono una dolce illusione. Una lieve coltre che ci consola. Un po' di romanticismo in più. Il boudoir è anche il luogo della seduzione. Anche per me. Non faccia la maliziosa, il senso è un altro. Nel cassetto della scrivania conservo tutti i telegrammi con i quali Paolo mi ha corteggiato mentre mi spostavo da un posto all'altro dell'Europa. Per due mesi mi ha invitato a fare colazione con lui. Io gli facevo rispondere da una mia amica. Le dicevo: "Aiutami tu a trovare le parole giuste". Lui mi chiedeva come fossero i riflessi dei miei occhi. E io inventavo misteriosi colori. Chi è entrato nel suo boudoir? Le mie più intime amiche. Tanti anni fa, prima che imparassi a farlo da sola, il truccatore e il parrucchiere. O una governante che mi aspettava per ore e mi aiutava a togliermi l'abito. Non potevo farne a meno, sa, con quei corsetti pieni di ganci. Sono stati la mia fortuna. Perché? Perché il mio modo di vestire, e di pettinarmi, con lo chignon che porto da quando avevo quindici anni, mi hanno aiutato a mantenere la virtù. Come sarei potuta tornare a casa con i capelli sciolti? Vede come Dio inventa trappole per preservarci. E Marisela ride saggia. Li. Lom.