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La fede forgiata dalle battaglie

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Civuole allora un approccio raffinato come quello da tempo praticato da Alberto Leoni per raccontare la storia, e in specifico la storia militare, senza scadere nel luogo comune o, peggio, nel riduzionismo da bigino di serie C (poiché ci sono pure quelli di serie A). Leoni, infatti, 53enne collaboratore di numerosi fra quotidiani e riviste, curioso frequentatore anche della cinematografia, fortunato autore della milanese Ares con La Croce e la Mezzaluna nel 2002 e La «quarta» guerra mondiale: origine e cronache (2007), nonché curatore e traduttore delle bellissime cronache antirisorgimentali dello zuavo pontificio irlandese Patrick Keyes O'Clery (1849-1913), La rivoluzione italiana (Ares, 2000), sa cogliere e soprattutto far cogliere al lettore ciò che guerre e scontri armati significano nelle storie dei popoli e dei rapporti fra civiltà senza immaginare di lasciar loro l'unica parola. Dietro gli eserciti, dentro le divise e nel corso delle imprese che i suoi libri sanno rievocare a decine e decine creando spesso la magica illusione della «presa diretta» palpitano sempre cuori autentici, si riconcorrono idee, ideali e ideologie, si muovono facce concrete. Esce ora una sua gran bella nuova prova, sempre da Ares, «L'Europa prima delle crociate. Fede & guerra nella formazione della Cristianità occidentale» (pp. 296, €18,00). Il titolo riecheggia un topos classico della storiografia del grande Christopher Dawson (1889-1970), costantemente attenta ai motivi del civilization-building europeo, sbandierando al contempo quell'espressione (per cattiva prassi) un poco desueta ma così pregnante da non avere sinonimi. «Cristianità», ovvero l'orizzonte ideale dell'ecumene cristiano nel tempo detto (con spregio) medioevale. Fatta d'istituti, istituzioni e modi associati del vivere, indica un ethos che non coincide ma che genera, al lato pratico, una civiltà. Una «visione del mondo» che è cresciuta dinamicamente (ancora Dawson) nei secoli. Leoni ne racconta dunque il percorso di maturazione, dall'implosione dell'impero romano in Occidente fino al fin troppo mitizzato anno Mille, ovvero alla vigilia di quel grandioso movimento che fu la Crociata capace di rigenerare il volto dell'Europa. Né le crociate si comprenderebbero appieno, pur nella loro ventata di novità sociale, politica, giuridica (giacché quel movimento fu, più che «una guerra»), senza considerare bene il tronco - e nodoso - da cui gemmarono. Dalle Alpi alle piramidi, dal Manzanarre al Reno, anzi sin più in là, fino al Medioriente persiano, Leoni segue le comunità politiche e i condottieri, le gentes e i predicatori, le figure note e a volte totalmente sconosciute, di un crogiuolo di popoli rinati che ha saputo creare un unicum geo-culturale. Geo-politico cioè sì, ma dentro ambiti e scenari il cui testo e contesto è sempre il fattore spirituale. Non è, il suo, un libro «sulla guerra», men che meno sulla «guerra santa». Epperò è un libro su quelle guerre che nel cosiddetto Alto Medioevo hanno permesso la conservazione strenua di una fede destinata a rigenerare un continente intero onde farne, direbbe Papa Giovanni Paolo II, un «continente di cultura» totalmente diverso dagli altri. Chissà quanti apprenderanno per la prima proprio dalle pagine di Leoni la drammaticità della posta in gioco: a lungo la fede cristiana fu costantemente a rischio di estinzione. Si trattò di un bilico costante, di un azzardo continuo, di una scommessa impari, vinta solo con l'eroicità, l'abnegazione e pure la santità di gente a cui dobbiamo tutto e nemmeno ricordiamo il nome. «L'Europa nacque allora», scrive l'autore di L'Europa prima delle crociate, «in quei secoli che non sono "bui" ma splendono di vite straordinarie e di imprese leggendarie». Non è (solo) un libro di storia. È un breviario di riflessione per l'oggi, tempi in cui viviamo drammi analoghi ad allora e sempre attendiamo eroi e santi.

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