A lezione da Nervi
diGABRIELE SIMONGINI Tanto di cappello alla Roma architettonicamente firmata Bernini e Borromini ma per capire la nostra contemporaneità va scoperta la Roma targata Pier Luigi Nervi, magari con un'appassionante passeggiata. Si può partire proprio dalla mostra che al geniale ingegnere ed architetto lombardo (1891-1979) dedica il MAXXI di via Guido Reni con il titolo «Pier Luigi Nervi. Architettura come sfida. Roma: ingegno e costruzione». Facendo pochi passi a piedi si arriva infatti alla prima delle quattro imprese architettoniche realizzate per le Olimpiadi del 1960: il Palazzetto dello Sport, con la sua strepitosa calotta ricamata da nervature incrociate che disegnano rombi, costato, udite udite, appena 200 milioni di lire (2,5 milioni di euro odierni) e realizzato in poco più di un anno. E ci si può poi spostare allo Stadio Flaminio magari dopo aver percorso il viadotto di Corso Francia, firmato sempre da Nervi e caratterizzato dall'infilata prospettica dei piloni a sagoma variabile. Infine, per concludere l'itinerario olimpico targato Nervi, ci si deve spingere fino all'Eur e al Palazzo dello Sport, dalla cupola leggerissima ed enorme. Nel complesso quattro grandi cantieri portati a termine contemporaneamente, in poco più di quattro anni, dall'impresa Nervi e Bartoli, dopo aver sbaragliato la concorrenza. Un vero miracolo, insomma, che dovrebbe servire da esempio proprio oggi per cantieri ed architetti abituati a non rispettare mai i tempi e i preventivi. E quale è il segreto di questi successi? Ce lo spiega lo stesso Nervi, per così dire, nell'«Intervista impossibile» realizzata per la mostra al MAXXI da Sergio Poretti che la cura insieme a Tullia Iori: «In quel momento eravamo gli unici, in Italia e non solo, in grado di realizzare grandi strutture in cemento armato con costi molto contenuti e in tempi rapidissimi». L'itinerario romano alla scoperta di queste invenzioni architettoniche in cui si identificano completamente forma e struttura prosegue però con altre tappe: dalla mirabile Sala delle Udienze pontificie a Città del Vaticano, con la scenografica volta ondulata in ferrocemento, al magazzino del Padiglione in via della Magliana 238, dal Lanificio Gatti in via Prenestina 940 allo Stabilimento balneare Kursaal di Ostia, senza dimenticare la palazzina in Lungotevere Arnaldo da Brescia 9 che fu casa e studio del grande ingegnere. Ma Nervi non lavorò solo a Roma firmando ad esempio lo stadio comunale di Firenze, il Grattacielo Pirelli a Milano, la sede dell'Unesco a Parigi o la Cattedrale di St. Mary a San Francisco. Conquistandosi così la fama del «più geniale modellatore di cemento armato della nostra epoca», per dirla con le parole di Nikolaus Pevsner. E quanto sia viva la sua eredità lo dimostrano anche gli espliciti «omaggi» che gli tributa con le sue creazioni uno degli architetti più geniali di oggi, Santiago Calatrava. Ispirandosi all'armonia e al rigore delle strutture naturali ma anche alle sublimi tensioni del gotico e al dinamismo scattante dell'architettura barocca, l'instancabile ingegnere seppe dar vita al «Sistema Nervi», un complesso di soluzioni tecniche fondate su un nuovo modo di costruire, economico e rapido. Per accelerare i tempi ed abbattere i costi Nervi divideva il cantiere in due settori autonomi che lavoravano contemporaneamente: da una parte la realizzazione degli scavi, delle fondazioni e dei pilastri, dall'altra il cantiere di prefabbricazione, dove si preparavano i pezzi che poi servivano a comporre le strutture come in un gigantesco puzzle. Al di là però di ogni astratta teoria o calcolo matematico, la prodigiosa immaginazione costruttiva di Nervi si concretizzava e veniva messa alla prova staticamente con piccoli modellini di carta e cartoncino che l'ingegnere amava fabbricare all'impronta. Come un aeroplanino di carta o un cappello da muratore.