Genio del "noir", Georges Simenon ce lo dice sempre: gli assassini sono tra noi e ci assomigliano.
Certo,ci sono i dèmoni, ma ci sono anche gli angeli. Non creature celestiali, ma poveri esseri umani meravigliosamente innocenti e dotati di una disarmante, inoffensiva dolcezza. Come Louis, protagonista de "L'angioletto", una storia insolita che Adelphi ci propone per la prima volta nella bella collana "La Nave Argo" insieme ad altri "classici" dello scrittore belga ("Romanzi", vol.II, a cura di Jacques Dubois e Benoit Denis, pp. 1808, euro 65). Che cos'ha di "particolare" rispetto ai bambini della sua età il piccolo Louis? All'apparenza, nulla. Tanto per cominciare, la sua famiglia è povera, come quasi tutte quelle che abitano in rue Mouffetard. A parte i negozianti. Lo zio Hector, ad esempio, ha una macelleria ben avviata. Ma Gabrielle Heurteau, la mamma di Louis, non vuole avere nulla a che fare con quel taccagno che la disprezza perché è stata abbandonata dal marito. Già, quel buon a nulla di Lambert, mezzo alcolizzato e mezzo impotente. Tanto è vero che dei sei figli di Gabrielle ognuno ha un padre diverso. Anche se si chiamano tutti Heurteau, tranne Louis, che porta il cognome della madre: Cuchas. Un cognome strano: chissà da dove viene… Mistero. Comunque, sono tutti diversi in famiglia. Il primogenito, Joseph, è bruno, con un ciuffo ribelle che gli ricade su un occhio. Poi, ci sono i gemelli che "hanno i capelli rossi, tagliati a spazzola, e il viso più squadrato, più ossuto". Ed Alice, "bionda, di aspetto fragile, con una rotondità appena accennata intorno ai capezzoli". Infine, la piccola Émilie che sta imparando a camminare in una specie di recinto costruito di giorno per lei con i pagliericci che occupano la grande stanza da letto. Una tenda, "in realtà un vecchio lenzuolo appeso a un bastone", li separa da quello dove dorme mamma Gabrielle. Quasi mai da sola. Tanto che è diventato familiare "il suono di ansimi inframmezzati da gemiti e a tratti dal cigolio delle molle del letto". Louis sente tutto, osserva tutto, ma se gli chiedono qualcosa, la sua risposta è quasi sempre : "non lo so". In realtà, sa tutto. Ma non giudica. Lui ama la sua casa, e quella mamma che canta mentre sbriga le faccende domestiche e ride spesso. Eppure, lavora tutto il giorno. Si alza la mattina presto e va a rifornirsi alle Halles per il carretto di frutta e verdura con cui gira nel quartiere. Un giorno lui le darà una mano. Senza far tante storie, senza che lei glielo chieda. Louis è così: un ragazzino "placido", affezionato al suo povero mondo domestico che è tutt'altro che una "sacra famiglia", ma in cui si sente al sicuro. È un "angioletto" perché vive e lascia vivere. Non pretende, quasi non chiede. Se in classe i compagni lo sfottono perché è il più basso - ma anche il più bravo - e se ne sta sempre in disparte, non reagisce. Non reagisce nemmeno quando lo prendono a pugni e a calci. Perdona e dona senza far professione di bontà. Con assoluta "naturalezza". Un "angelo" o un "alieno"? In ogni caso, con un destino sorprendente, ritagliatogli addosso da Simenon con affettuosa complicità.