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«Gli ebrei si rifiutano di essere normali»

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diTIBERIA DE MATTEIS Si lascia guidare da una ricerca ostinata della verità e dalla voglia di capire il mondo, lo scrittore Abraham B. Yehoshua che tesse l'«elogio della normalità» e viaggia nel «labirinto dell'identità» come recitano i titoli dei suoi saggi. In Italia per ricevere il Premio Tarquinia Cardarelli 2010 per la Critica Letteraria Internazionale, ha espresso la sua completa approvazione per il film tratto dal suo libro «Il responsabile delle risorse umane», attualmente nelle sale, e ha indicato le possibili soluzioni del conflitto israeliano-palestinese con la tutta la lucidità dello spirito ebraico più laico. Schietto, bonario e intenso nell'entrare in contatto con gli altri, non risparmia critiche ai fondamentalismi di ogni colore e loda il nostro Paese perché sa conservare il legame con la sua storia senza cedere all'americanismo. La sua tematica centrale è l'equilibrio nella normalità. A cosa si riferisce? «Una persona normale è responsabile delle proprie azioni. Per gli ebrei, però, la normalità è un problema e ha un'accezione negativa: si tratta di un popolo che fin dalla sua origine è stato considerato eletto e quindi abituato a considerarsi diverso. Per millenni gli ebrei della diaspora non hanno avuto una patria e sono stati sparsi nei vari Paesi del mondo. Oggi invece hanno un loro territorio, le loro leggi, il loro governo, ma è ancora uno shock. Dobbiamo ancora lavorare al nostro interno per accettare la natura ebrea e risolvere la questione della nostra identità. Il problema, per paradosso, non sono tanto i palestinesi, quanto noi stessi. Gli ebrei non sono abituati ad avere confini e devono imparare. Basti pensare che c'è questo detto: "Israele è dov'è la Torah". È come se qui si dicesse che l' Italia è dov'è il cattolicesimo!». Cosa pensa dei cinquanta rabbini che hanno invitato a non vendere o affittare case agli arabi? «Sono disgustato. Il governo deve intervenire e fermare questa follia. È terribile! È lo Stato a pagare il salario a questi religiosi. Se qualcuno avesse applicato il medesimo veto nei riguardi degli ebrei, si sarebbe scatenata una battaglia! Si deve trovare un modus vivendi fra arabi ed ebrei invece di guastare le relazioni». Che soluzione propone per il conflitto in Palestina? «Per me è semplice: Israele deve fermare la costruzione di nuovi insediamenti nei territori palestinesi. Gli Stati Uniti sono troppo sentimentali e l'Europa dovrebbe aiutarli ad avere più rigore: essere lassisti su questo punto è come dare i soldi a un figlio drogato. Se proprio i coloni vogliono restare in quei posti, accettino di diventare cittadini di uno stato palestinese. Così come ci sono cittadini arabi in Israele, ci possono essere cittadini ebrei in uno stato palestinese. Non c'è altra possibilità che due popoli in due Stati: basta farlo!». È soddisfatto del film «Il responsabile delle risorse umane» che ha vinto 5 Israeli Ophir Awards ed è il candidato di Israele all'Oscar 2011? «Consiglio a tutti di vederlo! Dopo dieci mie opere trasposte per il cinema, è la prima volta che il risultato è giusto, onesto e rispettoso dello spirito del libro. L'adattamento è delicato: è importante trasferire il cuore e l'esperienza principale della storia originale. Se accade, è un successo». Ha mai collaborato a una sceneggiatura? «Ho adattato io "Un divorzio tardivo" e Amelio me l'ha chiesto per "Fuoco amico". Preferisco la prosa. È vero che uno scrittore è anche fotografo, regista, attore, ma io cerco di suddividere tutti questi ruoli fra i miei personaggi. Non a caso il mio ultimo libro "Spanish grace" ha per protagonista un cineasta. Sono proprio felice che l'Italia mi abbia premiato per la saggistica oltre che per la narrativa: è la forma in cui trasmetto al meglio le mie idee». Come le sembra l'Italia? «È fantastico che qui pochissime persone parlino in inglese! A Israele lo sanno tutti. La cultura storica è così forte e tangibile grazie alle rovine e ai monumenti che per fortuna non vengono sostituiti da edifici moderni: è questo il vostro potere! Uno straniero trova tutto ancora intatto. Sapete attuare una sorta di resistenza alla colonizzazione americana che tanto ormai è in declino. Preservate il più possibile la vostra identità nazionale!».

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