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di ANTONIO ANGELI Ma chi l'avrebbe mai creduto: Roma, culla del Cristianesimo, città luminosa e illuminata, ha un lato buio abitato da un popolo invisibile, ma presente, che la assedia da millenni.

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Trale rovine della città dei sette re, attraverso le grandi costruzioni imperiali, fino agli storici palazzi barocchi, dai solai scricchiolanti, Roma rivela, almeno nelle leggende, un esercito di fantasmi. Perfino strutture inaugurate ieri, come il modernissimo Maxxi di via Guido Reni, hanno le loro presenze inquietanti. E come potrebbe essere diversamente: Roma nacque 753 anni prima di Cristo e il suo perimetro originale, quando la città ancora non aveva nome, fu bagnato dal sangue di un fratricidio: quello di Romolo che tolse la vita a Remo. E di sangue, per le vie della città, ne è stato versato un fiume, tanto da fare invidia al biondo Tevere. Si trovò le scarpe orrendamente insanguinate, pochissimo tempo fa, un insonne signore romano capitato, nelle sue frequenti passeggiate notturne, nella zona di San Pietro in Vincoli. L'uomo sentì, giura, un lamento disperato, poi un gran frastuono alle sue spalle per il quale, istintivamente, si scostò. Gli sembrò che gli passasse accanto qualcosa, ma girandosi e rigirandosi non vide nulla. Poi si accorse di essere finito con i piedi in una pozza. Il canonico di San Pietro in Vincoli, al quale l'uomo confidò la strana esperienza, affermò che proprio in quel luogo Tullia, figlia del re di Roma Servio Tullio, per sete di potere fece assassinare il padre. Poi, con crudeltà, passò sul cadavere con il suo carro. Il signore protagonista di questa esperienza soprannaturale rimase sconvolto e lo fu ancor di più quando, tornando a casa, si accorse che la pozzanghera nella quale era finito e che gli aveva bagnato scarpe e pantaloni, non era di acqua, ma di sangue. Questa ed altre storie sono raccontate nel saggio «I fantasmi di Roma», di Fabrizio Falconi. Un libro inaspettatamente ricco e corposo che racconta le figure spettrali legate a leggende, ma anche e soprattutto i fantasmi storicamente documentati. Come quelli che affollano il Colosseo, descritti da Benvenuto Cellini. Il monumento più famoso e celebre del mondo è stato, nei secoli, un enorme tempio della morte. Come ricorda l'autore ne «I fantasmi di Roma» la sola inaugurazione del Colosseo, nell'80 dopo Cristo, costò la vita a più di tremila gladiatori e a centinaia di animali arrivati da tutti gli angoli dell'impero. La leggenda vuole che le anime in pena di uomini e belve non abbiano mai abbandonato questo luogo maledetto. O almeno così sembrerebbe leggendo la «Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze». Benvenuto Cellini, artista eccelso, orafo, scultore, scrittore era anche un fior di briccone. Accusato (ma poi riconosciuto innocente) di aver fabbricato monete false, finì più volte in prigione e fu anche protagonista di una spettacolare fuga dalle carceri papali di Castel Sant'Angelo. Un artista, un genio, ma anche uno che se c'era da menare le mani o sguainare la spada certo non si tirava indietro. Insomma un tipaccio coriaceo, uno con i piedi per terra. Nella sua autobiografia ci si aspetterebbe di trovare di tutto, ma non un resoconto, freddo e dettagliato, di una notte di demoni e fantasmi al Colosseo. Siccome era uno spaccone chiese una volta ad un prete, che si rivelò anche un maestro di negromanzia, di poter vedere qualcosa di arti occulte. L'uomo, con altri amici, lo portò al Colosseo che ai tempi era pericolante e abbandonato, di notte, dove iniziò un complesso rito magico. Piano piano, davanti ai loro occhi, iniziarono a prendere forma immagini spettrali: «legioni di diavoli che riempiono tutto il Colosseo». Cellini vide anche avvicinarsi «demoni e quattro figure di giganti che li circondarono e minacciarono». Il gruppetto terrorizzato fu salvato dalle essenze di zolfo che il negromante aveva portato con se e sparse abbondantemente intorno. Sembra, racconta Cellini, che contribuì alla loro salvezza anche la puzza tremenda che emanava un suo amico che, per la paura, se l'era fatta sotto. Antichissima la storia di misteriose creature alate attorno alla collinetta di Villa Glori dove, ancora oggi, c'è chi dice di udire inspiegabili lamenti notturni. Una curiosa coincidenza: le aree attorno a quella attualmente occupata da Villa Glori, ai tempi degli antichi romani, venivano usate per riti di magia nera. A questo luogo e alle antiche pratiche è dedicato un capitolo nell'ultimo libro di Alberto Angela «Impero». Ne «I fantasmi di Roma» si parla poi dell'oggi. Uno dei più grandi artisti del Dopoguerra italiano è Gino De Dominicis, scomparso nel 1998. A lui è stata dedicata la mostra per inaugurare, recentemente, il Museo delle Arti del XXI scolo, il cosiddetto Maxxi. E che c'è di strano, direte voi? Di strano c'è che più di una persona, con sgomento, afferma di aver visto l'artista, a spasso per strada, con un gran colbacco, o in qualche galleria. Dopo la sua morte. Per i vicoli della Città Eterna si aggirano poi la lussuriosa Messalina, Beatrice Cenci con la testa sotto il braccio, il conte Cagliostro con la terribile moglie Lorenza, vicini vicini passeggiano gli spettri dei poeti Shelley e Keats, senza contare i misteriosi abitanti del più magico dei monumenti della Città Eterna: il Pantheon. Leggendo questo libro viene spontaneo un pensiero: il modo più semplice per incontrare un fantasma è andarsene a zonzo per i vicoli di Roma.

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