Lasciò la consorte per fuggire dal suo segretario
Èdi mia moglie che ho paura» disse Lev Tolstoj e in questa frase è racchiusa tutta la tragedia della sua lunga vita. La scrittrice Barbara Alberti ha inseguito per otto anni il significato nascosto di queste parole, pesanti come macigni, disperate e senza appello. Il frutto di quest'appassionata ricerca è «Sonata a Tolstoj» (B.C. Dalai editore). Non è l'ennesimo libro sullo scrittore russo, amato e idolatrato dai contemporanei più di una rockstar ai giorni nostri, ma «la conferma - spiega l'Alberti - di una verità che nessuno ha mai svelato sulla fuga improvvisa di Tolstoj a 82 anni». E cioè? «Tolstoj è scappato nell'inverno russo morendo due settimane dopo tra le braccia dell'uomo che amava da ventisette anni». Stiamo parlando, naturalmente, di Certkov? «Sì, proprio lui. In questo libro ho cercato di abbattere ogni velo di ipocrisia sulla omosessualità latente di Tolstoj. E sul suo odio viscerale per le donne. La nostra visione distorta di Tolstoj è alimentata dal fatto che lo vediamo sempre ritratto da vecchio che sembra Santa Claus. Io invece in copertina ho messo una sua immagine da giovane. Assomigliava a Majakovsky e da quello sguardo tagliente si vede che era una belva». Era animato da un moralismo insano «si vergognava addirittura a coricarsi con la moglie» aggiunge l'Alberti. Il fatto è che dopo aver scritto «Guerra e pace» e «Anna Karenina» scopre il Vangelo. «E dopo la conversione diventa maniacale, va oltre gli insegnamenti di Cristo. Le sue opere sono intrise di omosessualità repressa, lui è il grande genio della misogenia. Le sue creature femminili sono sempre punite, lo fa con l'insopportabile Anna che giustamente va a finire sotto il treno perché non conosce l'amore, oppure con la principessa Maria di Guerra e Pace che è virtuosa ma brutta. Per non parlare della Sonata a Kreutzer dove alla fine viene uccisa la moglie. Sonata a Kreutzer è il manifesto sulla necessità dell'eliminazionee della femmina che è l'origine di ogni male». Se per lui giacere con la moglie è un atto immondo come mai l'ha ingravidata sedici volte e ha messo al mondo tredici figli? «S'è sempre innamorato dei maschi. Con le donne andava per lussuria e aveva una predilizione per le contadine». Una personalità complessa, contradditoria? «È il suo fascino. Un superbo che studiava da umile, un lussurioso che voleva essere casto, un aristocratico che stava dalla parte del popolo. Viveva da aristocratico ma aveva dato la gestione di casa alla moglie. Ebbe un figlio da una contadina che fece per tutta la vita lo stalliere». La fama mondiale di Tolstoj non aveva uguali... «Fu un visionario e anticipatore dei tempi. Muore sette anni prima della rivoluzione ma l'aveva già fatta. Lui che nelle sue opere accusa apertamente lo zar. Come quando nel 1904 durante la guerra contro il Giappone intraprese la campagna: non arruolatevi. Nonostante questo era un intoccabile. Proteggeva tutte le minoranze, i rivoluzionari, chiunque fosse contro lo Stato. Scrisse Resurrezione facendosi pagare 1000 rubli a pagina per acquistare con il ricavato una nave per far espatriare dalla Russia una minoranza di cristiani perseguitati». Era considerato un santo? «Un santo moralista e schiavo di Certkov. Nel suo testamento lasciò scritto che i suoi diritti andavano al popolo ma amministrati dal suo segretario». La moglie Sofija fu vittima o carnefice? «L'ha presa a 18 anni e ne ha fabbricato un'isterica. Gli ha fatto perfino leggere tutti i diari della sua avventure erotiche».