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«Qualcuno doveva aiutarlo fino alla fine»

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Ementre sta ultimando il montaggio del film per Canale 5 «Area Paradiso», dice la sua, raccontando la personale visione del regista, ma soprattutto del dolore che non dovrebbe essere messo nelle mani dalla pressione mediatica «Mario, l'ho amato molto e lo stimo molto, ma i ricordi privati che ho di lui me li tengo per me. Mi fa orrore tutto questo accanimento di opinioni, di persone che raccontano fatti sulla sua carriera o sulla sua vita privata, pur di esserci. Non voglio mescolarmi con queste persone, è un territorio che lascio ad alcuni miei colleghi pronti ad impossessarsi dei momenti esistenziali di un grande come Mario Monicelli. Credo che certe cose non si possono proprio dire, restano strette nel cuore di chi ha amato davvero un uomo geniale come lui, uno dei 30 più grandi Maestri del cinema mondiale. Film come "La grande guerra" e "L'Armata Brancaleone" sono dei capolavori assoluti. Ma con tutto il rispetto per il mestiere di voi giornalisti, mi mette un po' di ansia vedere tanta pressione mediatica su Mario, non penso che a lui avrebbe fatto piacere vedere tante persone, magari alcune gli erano persino antipatiche, che fanno a gara per dire la loro, per strappare l'aneddoto migliore su di lui. In ogni caso, ancora una volta Monicelli ci fa riflettere, con il suo gesto finale, che forse non si sarebbe verificato se qualcuno, qualche struttura, lo avesse aiutato. Si è parlato tanto del film "Invasioni barbariche", ma solo quando è uscito, poi tutta la questione sulla malattia terminale è passata in sordina. Mario era un uomo burbero, io l'ho conosciuto così e non me ne frega niente che qualcuno debba pure aggiungere che però in fondo era dolce. Non aveva nessun obbligo di essere tenero, lui era fatto così. Capisco perfettamente anche la sua scelta finale, che ha preso da solo e quello mi fa soffrire, perché, ripeto, doveva essere aiutato. E ti fa riflettere che, forse, andrebbe ripensato il finale di ognuno di noi, perché ognuno ha il diritto di fare le proprie scelte, anche quelle finali». Scioccata anche Claudia Cardinale, scoperta da Monicelli nel film «I soliti ignoti» (1958): «Per me è stato veramente un trauma. È una notizia terribile. ho cominciato con lui. Conoscendo la sua determinazione, forse non voleva più soffrire, non voleva trascorrere il resto della sua vita malato. Mario aveva una memoria incredibile e tanta ironia, ha inventato la commedia italiana». Mario Monicelli «era un gigante a riposo della commedia all'italiana» - ha detto Franco Zeffirelli - Con lui perdiamo un pezzo fondamentale del nostro patrimonio culturale. Uno dei suoi meriti maggiori è stato quello di dare un certo lustro alla nostra commedia all'italiana. Un genere che ha funzionato». Proprio sabato scorso Ezio Greggio ha celebrato i dieci anni del Festival di Monte-Carlo presieduto da Monicelli: «Ci ha dato una grande mano a far decollare il festival, deve aver capito che non ce la faceva più a girare film e ha deciso di uscire di scena con il coraggio che viene a chi è disperato e la dignità di chi sa che non può più sognare e far sognare».

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