Moda da romanzo
diSARINA BIRAGHI «Portava un fresco abito nero, aderente, sandali neri, un filo di perle». È l'abito letterario più seducente e famoso di ogni tempo: è Holly Golighty, l'indimenticabile donna-bambina perduta descritta da Truman Capote in «Colazione da Tiffany». Che sia un po' diversa da quella cinematografica, interpretata da Audrey Hepburn, poco importa. Resta il fatto che l'abito è il biglietto da visita con cui l'autore presenta il suo personaggio al lettore. Indossa bikini rosa, neri a pois, a quadretti o a fiorellini Lolita, la bambina dell'inferno e del paradiso. Solo di bianco e di rosa tenue, sorvegliata nelle scelte di stile come nel parlare, veste Angelica Sedara del Gattopardo per affrontare la ripidissima scala sociale che la porterà a diventare principessa di Falconeri e ambasciatrice. «Persino Alessandro Manzoni presenta al lettore la sua Lucia attraverso l'abito da sposa, e l'effetto che indossarlo produce su di lei, il suo schermirsi ai complimenti delle amiche per le calze rosse e il vezzo di granati al collo. E questa immagine di Lucia, la sua modestia, si imprime nel lettore lungo tutti i Promessi Sposi». Così Fabiana Giacomotti, scrittrice e docente all'Università La Sapienza di Roma e autrice di «La moda è un romanzo» (CairoEditore, pag. 300), stile ed eleganza nei capolavori della letteratura. Un libro che, prendendo spunto dalla tradizione letteraria degli ultimi tre secoli, in sei capitoli racconta i segreti degli abiti di ieri e di oggi, tra tipologia e stile con un unico obiettivo: la rilevanza del vestito nello svolgimento di una storia e il suo ruolo reale o simbolico, nella definizione del protagonista. Senza trascurare quanto quell'abito resterà nella nostra memoria e quanto, copiandolo, ci sentiremo protagonisti del «nostro» romanzo o, meglio, del romanzo della nostra vita. Il fresco abito nero della Holly di Capote certamente era diverso dall'abito nero, aderente che Blake Edwards nel 1961, fece indossare ad Audrey Hepburn. L'attrice dagli occhi di cerbiatta era fasciata da «un abito da ballo in piena tendenza con i primi anni Sessanta, in cui il film venne girato», che «portava come noto, la firma di Hubert de Givenchy. È femminile e importante, con la vita leggermente arricciata ad enfatizzare il taglio ad anfora della gonna e la sottigliezza del bustino». Sempre a la page i vistosi gilet di Julien de Rubempré che torna alla conquista di Parigi nelle «Illusioni perdute» di Balzac dichiarando alla sua protettrice di «non avere nulla da mettersi», forse l'unico uomo che si sia mai consentito una simile battuta, ma anche il cappotto di Gogol o le decine di bluse colorate, pieghettate, con i colletti rigidi o button down del gangster romantico Jay Gatsby. Molte le curiosità raccontate dalla Giacomotti come «gli anfibi, che tutti, ancorati a schemi fissi, crediamo che Lisbeth Salander di "Uomini che odiano le donne" indossi sempre e che invece non porta mai, oppure le scarpine di Cenerentola, di pelliccia nel racconto originale, diventate di vetro per un errore di trascrizione». In questa insolita antologia di stile ed eleganza non possono mancare personaggi tanto amati come Anna Karenina alla quale Tolstoj contrappone l'ingenuità e la grazia della giovanissima Kitty Scherbatsky, descrivendo le sue impressioni mentre indossa il primo abito da ballo «di tulle, con la sottoveste rosa, le roselline applicate, le scarpette sui tacchi alti, curvi, e il medaglione con il velluto nero, delicato attorno al collo». E ancora Ellen Olenska de «L'età dell'innocenza», Emma Bovary con l'abito in crespo di lana giallo pallido, il suo colore preferito, ma anche una più recente Crudelia Demon con la sua pelliccia feticista. Insomma l'abito non farà il monaco ma sicuramente il protagonista dei grandi romanzi più amati e questa affascinante antologia avvicina gli appassionati di moda alla letteratura e gli appassionati di letteratura alla moda.