Se il cortile è meglio della facciata
diLIDIA LOMBARDI «No, non si entra. Si accomodi fuori». Il portiere in giacca blu ha l'aplomb di un grand commis. Ed è inflessibile. Sicché appena una sbirciatina oltre il cancello con l'ottone della bottoniera tirato a lucido. Ma non scoraggiatevi, altrove può andare meglio. E vi capiterà di fare scoperte capaci di causarvi una sindrome di Stendhal. Parliamo dei cortili di Roma, dell'altra faccia dei palazzi di travertino o intonaco color dell'aria. Oppure di quelli nei quartieroni primo Novecento, che sembrano una città nella città, con le panchine, gli alberelli di oleandro, il pavimento segnato dal gesso far giocare i ragazzini a campana e l'odore del sugo con gli involtini che bolle tre ore nella cucina di una delle ultime nonne estranee alla pentola a pressione. La pancia dei palazzi - quelli nobili e quelli popolari, le residenze blasonate e le dimore del generone, fino ai condomini anni Trenta, alla Gadda di piazza Vittorio per capirci - risponde a un canone unico. Obbligatoria una fontana al centro nei spazi più grandi, addossata a un muro se il cortile è angusto. Lo zampillo che si sposa al silenzio dello spazio concluso già crea una dimensione rarefatta. Se ci aggiungete i vasi zeppi di fiori, il rampicante che il sole di Roma fa maestoso, una statua in marmo o in gesso, avrete lo standard che poi si declina in decine di modi. Le vie del centro sono una miniera di scorci e di storie. In via del Corso, uno di fronte all'altro, ai numeri 68 e 11, la sede del Gran Maestro dell'Ordine di Malta e quella che ospita tra l'altro l'Intesa San Paolo. La prima replica lo stemma crociato dei Cavalieri, bianco su campo rosso, nel bel lampione in ferro battuto, nel pavimento e sullo sfondo della vasca d'acqua. La seconda ha per vanto un sarcofago antico e una targa di marmo con su scritto: «Guglielmo Marconi abitò qui e diffuse i raggi del suo genio immortale». Via Borgognona al n. 26 alterna glamour e pittoresco: nel cortiletto felci, ciclamini, un mascherone che sputa acqua e gli ingressi degli orafi Brocani e D'Avossa e della boutique di Roberto Cavalli. Altrove una veranda, una sequenza di arcate, uno spiazzo ampio, gentile, solenne. Ecco il barocco di Palazzo Torlonia in via Bocca di Leone 78. La statua di un giovane dio pensoso è in una nicchia cilestrina col rampicante trompe l'oeil. Un glicine s'inerpica sulla loggia e crea un pergolato. Piccolo assaggio di altre «maraviglie». Palazzo Borghese, il «cembalo» seicentesco del Maderno e del Rainaldi in piazza della Fontanella Borghese, è imponente dentro quanto fuori. Adesso è un blasonato condominio. Ci ha abitato Cecchi Gori al tempo della liaison con Valeria Marini. Ora vi alloggia tra gli altri la principessa Alessandra Borghese e l'ambasciatore di Spagna. Il gioco delle cento colonne di granito, delle fontane e delle statue fa quinta scenografica al giardino segreto che rosseggia di aranci. Si rimane a bocca aperta anche nel cortile di Palazzo Mattei, in piazza Campitelli. Ci incontri ad ogni angolo, sulle balaustre delle scale, pensosi personaggi di marmo. Sono filosofi, condottieri, poeti. «A sera forse le statue parlano, ma il loro segreto si perde nel cuore della notte», commenta un documentario dell'Istituto Luce reperibile in rete. L'ultima tappa nel centro storico è la Galleria Sciarra, il ventre di un edificio tra via Marco Minghetti e piazza dell'Oratorio. Ora è un passaggio pedonale, in principio era il cortile di Palazzo Sciarra Colonna di Carbognano. Dal lucernario i raggi illuminano un ciclo di pitture liberty. Gentiluomini e gentildonne di metà Ottocento così come uscivano dalle pagine di Cronaca Bizantina, la rivista edita dal Sommaruga che ospitava le polemiche di Carducci, Capuana, Verga e i resoconti mondan-decadentisti di D'Annunzio. Sanguigni altri cortili. In via Andrea Doria la sequenza dei palazzoni piccolo-borghesi di cent'anni fa. In quello al numero 67 svetta una palma. Sotto, donne con le borse della spesa e ragazzi con la sigaretta in bocca fanno capannello.