Ad Harlem tra abusi e riscatto
Alcolmo dell'abiezione. La protagonista, infatti, la Precious del titolo, è una sgraziata ragazza obesa semianalfabeta, angariata duramente dalla madre e stuprata fin da piccola dal padre, malato di Aids, che le ha fatto mettere al mondo ben due figli anche se adesso si è scoperta sieropositiva. La scuola normale l'ha lasciata ma ha potuto essere accolta in una scuola speciale dove un'insegnante (bianca), prendendosi cura di lei anche con l'intervento di una assistente sociale, non solo finirà per liberarla dal giogo della madre rimasta vedova, ma riuscirà ad avviarla verso una vita migliore insieme con i suoi due bambini, anche se uno è nato mongoloide. Alla base, un romanzo di una certa Sapphire, ex ballerina oggi poetessa, riscritto per lo schermo da un produttore, afroamericano anche lui, diventato da qualche tempo regista, Lee Daniels. Realismo duro, ovviamente, nonostante qua e là, stonando un po', si accolgano certe colorate fantasticherie cui la protagonista si abbandona nei suoi momenti di più desolato sfacelo. I caratteri hanno segni precisi, le situazioni che li accolgono sono svolte con asprezze quasi violente, in una cornice - naturalmente Harlem - all'insegna sempre del più totale degrado, Accettando, in quel buio così spesso, pochissime luci - l'interessamento generoso dell'insegnante, il finale liberatorio che è frutto proprio di quell'interessamento - e dando soprattutto spazio all'orrore: fisico e morale. Il film, comunque, ai festival dove è stato presentato, ha avuto vari premi e persino degli Oscar nonostante accoglienze in pubblico piuttosto contraddittorie, non ultime quelle di certi ambienti afroamericani che, per tutte quelle aberrazioni scopertamente esibite, l'hanno accusato addirittura di razzismo. Certo non è un'apologia… Gli interpreti qui da noi non sono noti. Nei panni di Precious c'è una quasi esordiente, Gabourey Sidibe, che nonostante la mole (sembra pesi 160 chili) ha una sua gestualità disinvolta. La madre, Mo'nique, è conosciuta come attrice comica, ma qui certo non fa ridere.