Di Consoli, la virtù di scrivere senza cercare il consenso
Andrea Di Consoli è un poeta col fucile puntato, uno di quelli che non perdona niente al lettore, che non ha remore, o il gusto sciocco di fare bella figura, in quella corsa verso il consenso che uccide la poesia e l'intelligenza. "Quaderno di legno" (Edilet-Edilazio Letteraria) è un libro di poesia che scava nella realtà a mani nude. È la realtà, scarnificata, disossata, il corpo su cui Di Consoli si ostina, alla ricerca di quella pace, di una sensatezza possibile, che anela brancolando nella tenebra del nostro presente. Nei vari "reparti", così si chiamano le diverse sezioni del libro, incontriamo gli incubi, le malattie e le visioni di un poeta al cospetto dell'esistenza, il tutto in una lingua febbrile, oscenamente sincera. Come pulviscolo, su ogni testo si posa il rapporto del poeta con Dio, sulla sua presenza-assenza, i suoi nascondimenti, in una caccia al divino che spesso si auto-annienta nei deliri intellettuali dell'uomo contemporaneo, mentre Dio è e sarà "potenza di Luce" capace di annientare "i superbi ragionamenti". Ma è laddove il sentimento si spiega che il libro diviene memorabile, nei frammenti dedicati al figlio Claudio: "Io sono nato solo per farti nascere", o in quelli offerti alla moglie, che si dovrebbe chiamare madre per tutte le amorose cure mai negate. "Quaderno di legno" mette nero su bianco la vitalità della poesia italiana, ne traccia un confine assoluto, chiede, grida, di essere ricordato e amato da "lettori ancora non nati".