Tutta la vita a parlare di preti
diANTONIO ANGELI Chissà perché le persone, quando pensano alla religione, ai preti e al mondo che a loro ruota attorno immaginano un ambiente severo e, diciamolo, anche un po' noioso. Niente di più falso. I Francescani (ma non solo loro) invitano sempre ad essere cristiani con gioia. E il mondo cristiano è gioia e serenità. Lo dimostra un libro-testimonianza proprio in questi giorni nelle librerie: «La Chiesa di carta - I vaticanisti raccontano», di Rodolfo Lorenzoni e Ferdinando Tarsitani (vaticanisti pure loro), edizioni Paoline, 170 pagine, 14 euro. La presentazione del volumetto, tutto di interviste a giornalisti che si occupano di Vaticano, è di Joaquín Navarro-Valls. E già dalle prime righe scritte dal celebre direttore della Sala Stampa vaticana (dal 1984 al 2006) il libro riesce a trasmettere curiosità e simpatia. In questo mondo pieno di tromboni supponenti Navarro-Valls scrive con semplicità: «Il giornalismo è un'attività alquanto seria ma anche, tutto sommato, piuttosto semplice...». E poi considerazioni profonde, pensieri importanti, un ricordo caldo e accorato di Giovanni Paolo II. E anche speciali apprezzamenti per Benedetto XVI, un pontefice «caloroso, affabile e pieno di umorismo». Il libro di Lorenzoni e Tarsitani ci fa capire che vaticanisti non si diventa con un'investitura accademica, non con studi teorici. L'essere vaticanisti si conquista sul campo: con l'umiltà, la bravura a individuare le notizie e la capacità di saperle ben dare. Per il vaticanista è impossibile non essere autorevole, è impossibile non essere simpatico. Come quell'Andreas Englisch, del giornale Bild Zeitung, che iniziò la carriera nell'87, quando era a Roma per studiare italiano e, un po' a corto di soldi, andò a cercare un lavoro in un'agenzia di stampa tedesca. Gli chiesero: «Si interessa di religione?» «No». «Si interessa del Papa?» «No». «Ha studiato teologia?» «No». «Ma il chirichetto lo ha fatto?» «Sì». E fu assunto come vaticanista. Oggi quando Benedetto XVI comincia a parlare in tedesco viene assalito dai colleghi che non capiscono e gli chiedono: «Che dice?». Poi c'è la messicana Valentina Alazraki, giornalista televisiva, una delle non moltissime signore che fanno questo mestiere. Negli anni '70, visto che la mamma era italiana, venne nella Penisola a studiare giornalismo realizzando servizi sulla Torre di Pisa e il Colosseo. Poi le chiesero di seguire l'elezione del nuovo pontefice dopo la scomparsa di Paolo VI. Poi morì anche Papa Luciani e il lavoro proseguì. Con l'arrivo di Giovanni Paolo II e il suo primo viaggio pastorale in Messico l'impegno divenne stabile. La storia più curiosa è certamente quella di Marco Politi, de «Il Fatto Quotidiano» che dalla politica estera passò ad occuparsi di Vaticano: «Povero te - gli dicevano i colleghi, forse anche un po' invidiosi - per tutta la vita parlerai soltanto di preti». Ma Politi è il primo a sostenere che il suo non è un mestiere noioso. Non solo, è anche soddisfatto del cambio di carriera: «Sono felice di non occuparmi di politica - afferma - rispetto alla media della classe politica attuale, le personalità che si incontrano in Vaticano o nel mondo religioso sono molto più interessanti». Fa riflettere la considerazione di Enzo Romeo del Tg2: «La quantità di notizie dedicate al mondo cattolico, rispetto alle altre religioni, è normale, perché siamo in Italia e la presenza del Vaticano, del Cupolone, si sente fortemente...».