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frusto il riduzionismo razionalistico su cui si è incistato, mestamente, tutto il pensiero della Modernità, per questo strutturalmente incapace di camminare in un mondo più grande.

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Ovvioallora che a ogni filosofia si sposi un vino. Ve n'è così di scialbe e pallide o di corpose e fruttate, di noiose e petulanti o di sobrie e rotonde. Esagerato o brioso, pesante, aromatico, inutile e in qualche caso persino indispensabile, l'homo philosophicus che pensa sé, il mondo e Dio si fa qui trasparente come il vetro di un calice poiché - mai frase fatta è stata più appropriata - in vino veritas. Coppiere dell'Olimpo antropologico, Scruton è del resto maestro nel rammentarci che, dai tempi di Noè sino all'Ultima Cena, le vergogne di cui pure la vite è capace sono state dall'uomo avvolte dentro un manto rituale che ha intelligentemente consegnato a numi e dèi il gravoso ma indispensabile compito di affrancare "frate asino", il corpo, dalle sue bassezze. Culminando nel mistero divoumano del vino che si muta in sangue redentore alla vigilia della Croce. Palato raffinato e lingua saporosa quella dello Scruton che invita "to drink in thoughts but to think in draughts", a sorseggiare per concetti, ma pure a concettualizzare per sorsi.

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