Il futuro si chiama ecologia
diCARLO ANTINI Clima, rifiuti, ghiacciai che si sciolgono, petroliere, smog, nucleare. Le emergenze ambientali richiedono sempre più attenzione e ancora molta strada resta da compiere prima di poter festeggiare in Italia la nascita di una vera coscienza ecologica. A tutto questo è dedicato «Puliamo il futuro - Viaggio attraverso i comportamenti ambientali degli italiani», il libro di Aldo Forbice edito da Guerini e Associati. Sondaggi, anche recenti, affermano che i cittadini, le istituzioni, i sindacati, gli imprenditori, i partiti politici tengono in grande considerazione i problemi della tutela ambientale. Nei fatti, però, non sempre questo interesse per l'aria pulita, per le acque pulite si traduce in atti, iniziative coerenti. Una cosa è l'affermazione di principi generici, le denunce quotidiane sui media in materia di riscaldamento globale, sullo smog che continua ad ammorbare i grandi centri metropolitani (e non solo), un'altra cosa è comportarsi coerentemente, civilmente, attuando la raccolta differenziata, sollecitando (e non boicottando) la costruzione di moderni termovalorizzatori, limitando il riscaldamento nelle case, rottamando le vecchie caldaie, comprese quelle industriali, per garantire emissioni pulite, riducendo, cioè, le polveri sottili. Secondo la tesi di Forbice non basta protestare, denunciare, fare la voce grossa nei confronti dei Comuni, delle Regioni e delle altre istituzioni se ognuno di noi non si assume le proprie responsabilità. Un futuro pulito dipenderà dalle grandi scelte che dovranno fare tutti i Paesi del mondo, a cominciare da quelli maggiormente industrializzati ma anche dalle piccole scelte quotidiane di noi cittadini. Il libro ripercorre criticamente trent'anni di storia dell'ambientalismo italiano dalla diossina di Seveso a Cernobyl; dalla discussa chiusura delle centrali nucleari alle discariche abusive, all'ecomafia, alle navi dei veleni, ai gravi inquinamenti dell'aria, del suolo, dell'acqua; dal Protocollo di Kyoto alla Conferenza di Copenhagen sui cambiamenti climatici e non manca di evidenziare casi di eccellenza come il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, iniziativa di un settore produttivo (e di un gruppo di operatori) che, coerentemente con le disposizioni di legge, si sono «sporcati le mani» per dare una mano all'ambiente. Un'intera sezione fotografica del volume è dedicata alle tragedie ambientali degli ultimi anni. Tra queste l'esplosione del reattore nucleare nella centrale atomica di Cernobyl, in Ucraina. È stata definita la più grave sciagura della storia del nucleare. Dopo il 26 aprile 1986 vaste aree dell'ex Urss e dell'Europa orientale vennero contaminate. Almeno 130 mila persone furono costrette ad abbandonare terre e città. Le vittime ufficiali furono solo poche decine, ma l'effetto psicologico in tutto il mondo fu tremendo. E si arriva così ai giorni nostri. Precisamente allo scorso marzo, quando la Corte di giustizia europea ha condannato lo Stato italiano per lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Sotto accusa il governatore dell'epoca, Antonio Bassolino, il sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino, e il governo Prodi che nel 2007 non hanno saputo risolvere l'emergenza rifiuti «mettendo in pericolo la salute umana, oltre ad aver danneggiato l'ambiente della regione». Tra i contributi presenti nel testo, la prefazione di Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente, e le postfazioni di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, Ermete Realacci, fondatore e presidente onorario di Legambiente, e Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel. Chiude il volume una «non conclusione» di Paolo Tornasi, presidente del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati. Tra pigrizia culturale e arretratezza, anche in Italia cominciamo a intravedere qualche barlume di speranza.