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di LIDIA LOMBARDI Atmosfera ovattata.

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Approdoprestigioso. Location, la Città del Vaticano. Menù, deliziose crepes con ricotta e spinaci e vino bianco. Occasione, l'incontro annuale degli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Mai tanti come nel 2010: con l'arrivo di quello russo, sono 179. Eppure serpeggia inquietudine tra i convitati. Una sensazione impalpabile di precarierà, l'idea di trovarsi su un discrimine. È l'avvio del nuovo libro di Massimo Franco, inviato e notista politico del «Corrierone» che pure ha avuto una scrivania nella redazione di «Avvenire», il quotidiano dei vescovi italiani. Si intitola «C'era una volta un Vaticano» (Mondadori) e nell'incipit cronachistico così come nel titolo c'è tutto il senso dell'analisi storico-politica. La Santa Sede perde piede e lustro. E il suo ruolo internazionale insieme con il primato spirituale necessita di un restyling, in una direzione ancora poco chiara ma urgente da individuare. Eccoli allora, i diplomatici invitati alla cerimonia. «Basta avvicinarsi alle limousine nere tirate a lucido che scaricano gli ambasciatori ai ricevimenti dei colleghi accreditati pressi la Santa Sede - scrive Franco - per cogliere al volo commenti del tipo: "Guardiamoci intorno: fra dieci anni quanti saremo?». La crisi del Vaticano, anzi di «un Vaticano», non si colloca temporalmente e causalmente nell'era Ratzinger ma si incunea nella fine di quella di Wojtyla. Il motivo è lo stesso che ha rivoluzionato l'Europa, l'Italia, il mondo. La caduta dell'Urss, la fine della guerra fredda. La Chiesa non è più sentita come baluardo anticomunista. Ne segue un effetto-domino. Si indebolisce nei ricchi episcopati dell'Occidente, si rinvigorisce in quelli poveri d'Africa, America Latina e Asia. Nel Medio Oriente musulmano è tenuta sotto scacco perché si identifica con le odiate democrazie occidentali. L'altro campo di indagine sono gli Usa. Obama è sentito da Roma come «uno Zapatero globale, capace di approvare leggi relativiste». Ma se i vescovi nel 2008 lo attaccano, i cattolici lo sostengono e vince la Casa Bianca con il loro voto. Anche qui uno sbaglio di valutazione da parte delle gerarchie vaticane. Impegnate a «considerare "temi etici" solo l'aborto o i matrimoni omosessuali», mentre proprio due anni fa «la stessa economia con la sua crisi spaventosa era diventata un "tema morale"». L'esplosione degli scandali dei preti pedofili si inserisce in questo quadro di debolezza. Storie anni fa sussurrate, adesso urlate, talvolta strumentalmente. Ora la Santa Sede non insabbia, chiede trasparenza. Ma certi eccessi giustizialisti come nel Belgio, con i vescovi sequestrati dalla polizia in cerca di prove degli abusi, sono - annota Franco - «uno spartiacque». La situazione italiana è cartina di tornasole di uno scarto tra ciò che il Vaticano è e ciò che dovrebbe essere: il "caso Boffo" dimostra che non domina più la politica ma ne è dominato. Le gaffes di Ratzinger, del «papa intellettuale», sono il risultato di una incapacità di comunicazione più che di scelte tutte da condannare. Le lotte di potere, con il protagonismo del cardinal Bertone, la dimostrazione di un'accelerazione centrifuga delle forze in gioco. Franco è impietoso nell'analisi e pietoso negli auspici: meglio una Santa Sede ridimensionata ma compatta e identificabile. Perché una civiltà non può «sopravvivere a lungo senza una grande religione che la sostenga e le dia anima».

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