di FRANCO CARDINI Nel Vicino e nel Medio Oriente si ammazzano i cristiani.
Nonè vero. Forme di politica più o meno repressiva, questo sì: entro certi limiti, esito dell'applicazione - almeno nei paesi musulmani - delle limitazioni entro le quali cristiani e ebrei possono esercitare la loro libertà di culto, garantite dal Corano; oppure, nell'ultimo secolo, conseguenza della decolonizzazione e dell'ingiusta ma diffusa tendenza a ritenere i cristiani (anche locali) "complici" degli occidentali in quanto religiosamente loro affini (ammesso che gli occidentali siano ancora cristiani: ma in Oriente questa è opinione largamente condivisa). La seconda di queste ragioni ha provocato anche alcuni pogrom anticristiani, dalla metà dell'Ottocento a oggi. Adesso, però, contesti e qualità della violenza sono differenti. «Fanatismo»? «Fondamentalismo» spinto fino al «terrorismo»? «Guerra di religione» in atto? «Scontro di civiltà»? L'ombra sempre presente di al-Qaeda, che però non si riesce a capire troppo bene neppure che cosa sia e che si presenta di solito attraverso messaggi di non chiara provenienza, come una troppo comoda etichetta dietro la quale poter nascondere ogni sorta di provocazione e di mistificazione? Se vi accontentate di parole e di una di queste spiegazioni-che-non-spiegano, eccovi serviti: è in atto una «ondata di violenza», messa in atto dalle «centrali del terrore» che agiscono «per odio contro l'Occidente». Forte e chiaro, no? Ma se quest'aria fritta non basta a soddisfare la vostra legittima fame di notizie, se volete sul serio cominciar a capirci qualcosa, dovete tener presente un altro scenario. L'attuale disordine vicino-e-mediorientale, che rischia di trasformarsi in una deflagrazione di più ampia portata, ha varie cause, tra le quali vanno tenute presenti una abbastanza prossima e una più prossima ancora. La prima causa, che data dal 1948, è la mancata equa soluzione del problema israeliano-palestinese: problema che dati i suoi contraccolpi è diventato internazionale ma che la Comunità internazionale non può o non sa risolvere, i vari governi Usa - che potrebbero - non osano, mentre gli interessati sembrano ormai capaci di affrontarlo solo nei modi rispettivamente più estremi (gli israeliani fagocitando progressivamente quel che resta del territorio palestinese, i palestinesi rispondendo con una violenza rabbiosa per quanto poco efficace). Questo problema sta avvelenando i rapporti tra Israele e l'Occidente da una parte, Libano, Siria, Iran, Turchia e tutto il mondo musulmano dall'altra. Distogliere l'opinione pubblica da tutto ciò inventandosi diversivi come il «pericolo nucleare iraniano» non serve a nulla. La seconda causa, che data dagli Anni Ottanta è l'appoggio fornito dagli statunitensi ai movimenti fondamentalisti musulmani durante la guerra di liberazione dell'Afghanistan dagli invasori sovietici, che si risolse nella preminenza talebana durante gli Anni Novanta e negli accordi tra i talebani e la "multinazionale" californiana Unocal per il passaggio dal territorio afghano di alcune pipelines. In forza di quegli accordi, l'Afghanistan fu invaso con l'aiuto americano da grossi contingenti di guerriglieri-missionari fondamentalisti indottrinati tra Arabia Saudita e Yemen, autentici «soldati politico-religiosi» che avevano fatto le loro prime prove nei Balcani, sempre sotto protezione americana. Gli accordi saltarono a metà Anni Cinquanta, dettero luogo al crescere di un progressivo movimento islamico antioccidentale e costituiscono la vera causa remota dell'invasione dell'Afghanistan attuata nel 2001 dagli statunitensi con alcuni reparti di paesi complici dell'aggressione. Questa è stata la ragione prima del progressivo inquinamento terroristico, avviato ben prima del fatidico 11 settembre 2001. Oggi, dopo la caduta del regime saddamista irakeno ch'era tirannico e feroce ma «laico» e che teneva a bada sunniti e sciiti (magari a vantaggio dei primi sui secondi), la fitna, la guerra civile islamica, coinvolge tutti contro tutti: e i cristiani ci vanno di mezzo perché - a parte il "caso" libanese - sono pochi, miti, isolati, la loro causa non interessa a nessuno e l'accusa volgare di essere "complici dell'Occidente" paga sotto il profilo demagogico (esattamente come da noi pagano le chiacchiere contro gli extracomunitari che «ci rubano il lavoro» e «vogliono sottometterci»). Che personaggi come al-Sistani proclamino che i cristiani sono una risorsa per i paesi stessi che li ospitano per ora non serve a nulla. Ma la diplomazia vaticana sa vedere bene, anche al di là delle apparenze e del battage massmediale. Per questo insiste sulla via del dialogo e della comprensione reciproca. Per questo non incoraggia gli appelli alla crociata dei «cristianisti», da noi sempre più frequenti. Auguriamoci solo che prevalgano ragione e buon senso: e non dimentichiamoci che ormai, per difendere tali valori, ci vuole anche coraggio civile.