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diDINA D'ISA Si chiude nel segno delle polemiche e delle contestazioni la quinta edizione del Festival del Film di Roma. Dopo la copia doppiata in italiano di «The Social Network» (che in un festival dovrebbe essere invece in versione originale), dopo la mancata proiezione (per ben due volte) del film «Carlos» di Olivier Assayas (perché le copie erano imperfette), ieri è stata la volta de «Le cose che restano» di Gianluca Tavarelli. Inoltre ieri l'Ambasciata Usa ha organizzato un incontro stampa con il regista Alexandre Rockwell, ospite clou del Festival capitolino, all'insaputa degli organizzatori della kermesse romana. Per «Le cose che restano», della durata di 6 ore e che andrà, forse già a dicembre, su Raiuno in 4 puntate, la conferenza stampa (ieri alle 13) con i tanti protagonisti, da Ennio Fantastichini a Paola Cortellesi, da Claudio Santamaria a Lorenzo Balducci e Antonia Liskova, ha preceduto la proiezione delle 17, così che i giornalisti si sono ritrovati a fare domande su un lavoro non visto. Solo pochi fortunati avevano infatti potuto vedere il dvd del film. Il produttore Angelo Barbagallo si è più volte giustificato per l'accaduto, affermando di non essere responsabile della cosa che è dipesa invece da una decisione del Festival di Roma, che non aveva programmato una visione anticipata per la stampa. La storia de «Le cose che restano», scritta da Petraglia e Rulli (gli stessi autori de «La meglio gioventù») si sofferma su una famiglia borghese romana di oggi, una casa e un grave lutto. Tutto si dipana da un grande appartamento con un lungo corridoio, dove si affacciano le camere e la sala felicemente condivisa da tutti, fino alla tragica morte del più piccolo dei figli. «Un evento che sconvolge ogni equilibrio - ha raccontato Petraglia - Un'analisi dei personaggi colti in un momento chiave della loro vita: insieme devono trovare un nuovo modo e un nuovo senso per essere una famiglia». La trama potrebbe ricordare quella de «La meglio gioventù», ma in realtà qui i fatti non vengono scanditi da eventi storici, ma si sofferma soprattutto sui personaggi, esprimendone pregi, difetti, paure, tradimenti e insicurezze, affrontando peraltro temi scottanti come quello dell'omosessualità e dell'immigrazione. Per Claudio Santamaria, che interpreta il gay, «questa storia esce dagli stereotipi dell'omosessuale con atteggiamenti femminili, qui il gay è una persona normale. In Italia mi piacerebbe che ci fosse un futuro guidato dalla sensibilità femminile, perché non ce la faccio più a vedere vecchi bavosi che ci governano». Paola Cortellesi interpreta invece la sorella di Santamaria, mentre l'equilibrio familiare è messo a dura prova (oltre che dal lutto) anche dalla scoperta del tradimento del padre e quella che sembrava una famiglia perfetta scricchiola, divorata dalle incomprensioni. Sotto i panni del padre Piero, c'è Ennio Fantastichini che - spiega l'attore - «in certi momenti è quasi zen, diventa pedagogo accantonando i suoi problemi e risolvendo quelli degli altri». E, alla fine, il rapporto tra padre e figlio minore (Balducci) esplode in uno scontro generazionale, scoppiato in seguito al tradimento del genitore. La scommessa è stata quella di realizzare una storia tutta al presente, con personaggi che incontri per strada, in un bar o su un autobus. Per il regista Tavarelli, la mini serie (co-prodotta da Italia e Francia) è frutto di un immenso lavoro di scrittura, durata anni, un grande impegno economico di produzione e della Rai, interpretata dai migliori attori italiani. Il film non deve essere sminuito dal fatto che esca in tv. Per un progetto così articolato la classica durata di una pellicola non sarebbe stata sufficiente, un progetto che dura 6 ore può essere trasmesso solo in tv, ma ciò non significa che sia scadente rispetto al prodotto cinematografico».