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Il Boss all'Auditorium: «Nel film il segreto della mia musica»

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Eranole 23 in punto quando Bruce Springsteen è salito sul palco della sala Sinopoli per raccogliere l'ovazione del suo pubblico. I fan avevano appena finito di vedere «The Promise: The making of Darkness on the edge of town», il film-documentario diretto da Thom Zimny in concorso nella sezione extra della rassegna romana. Poi il fuoco di fila delle domande. «Eravamo in studio per fare qualcosa che attirasse lo spirito dei tempi - spiega Springsteen riferendosi al film appena proiettato - ci mettevamo lì e aspettavamo di sentire qualcosa nell'aria. Per noi era fondamentale catturare l'essenza del momento e in quella esperienza abbiamo trovato il senso della nostra identità come musicisti. Ma non voglio nascondere che volevamo fare un album che ci avrebbe portato le ragazze a fiotti». Il Boss ha confessato le ragioni più segrete dell'ispirazione di «darkness». «Ho usato la mia musica come metodo di indagine - prosegue Springsteen - mi identificavo perfettamente con le mie canzoni, mi chiedevo chi sono, cosa significa essere americano, padre e amico. Cercavo le risposte con la musica. Ma ancora oggi non so chi sono. Le mie canzoni mi sono sempre servite per riparare la mia anima». A chi gli chiedeva che cosa avesse fatto nella Capitale, il rocker ha risposto: «Non ho fatto nulla di particolare. Sono stato a San Pietro e lì ho incontrato un gruppo di fan e ho chiesto loro se vivendo a Roma si perda il gusto di tanta bellezza. Insomma qui a Roma passeggio. Comunque vi prometto che la prossima volta che vengo porterò anche la chitarra». In platea erano seduti, tra gli altri, anche Silvio Orlando, Carlo Verdone, Pino Daniele, Carlo Massarini, David Zard, Valeria Solarino e Luigi Abete. Tutti accorsi per vedere da vicino il più grande cantore vivente di ciò che resta del sogno americano. Il film offre l'opportunità di seguire passo passo la lavorazione dell'album che, nel 1978, ha permesso a Bruce Springsteen di mettere le basi per il suo mito. Durante le registrazioni dell'album, che sono durate un anno, un amico dei componenti della E Street Band girava immagini con la sua cinepresa. Quindi è grazie a un anonimo (ex ragazzo) del New Jersey che oggi abbiamo questo raro materiale video. Nel '75 con «Born to Run» Springsteen raggiunse il successo. Da quel momento il Boss decise di percorrere una strada nuova. «Il successo di "Born to Run" aveva rischiato di allontanarmi dalla mia vita, più che ricco, felice o famoso volevo essere grande», racconta Springsteen con la sua naturale vocazione alla narrazione epica. Tutto il racconto si snoda tra le immagini d'epoca in studio e i ricordi di oggi dei musicisti della E Street Band, Jon Landau, Patti Scialfa, Mike Appel, il tecnico del suono Jimmy Iovine. Per questo nuovo album Bruce aveva scritto 70 canzoni e il lavoro di selezione è stato estenuante. Alla fine, tra prove nella casetta dove allora abitava nel New Jersey e difficoltà tecniche per trovare i suoni giusti che dovevano riprodurre il sound dal vivo, le canzoni finite nel disco sono state dieci. Con qualche celebre esclusione, come «The Promise», «Fire» e «Because the night». Patti Smith spiega come ha completato la canzone che l'ha resa celebre, raccontando l'attesa di una telefonata di Fred Sonic Smith, il chitarrista degli Mc5 che sarebbe diventato suo marito. Davvero toccante il ricordo della visita di Springsteen al padre Douglas (morto nel '98) nella fabbrica in cui lavorava nel rumore più assordante che ha ispirato «Factory». «Era incredibile creare dal nulla, in uno spazio vuoto un intero mondo che non esisteva prima che io dicessi one, two, three, four e che nessuno dopo ti può portare via», dice Springsteen prima dello scorrere dei titoli di coda su «Darkness on the Edge of Town» suonata dal vivo con la E Street Band l'anno scorso. La magia resta ancora intatta.

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