Anni di Piombo dell'uomo comune
diDINA D'ISA Per la prima volta viene raccontato il punto di vista di un uomo qualunque sugli Anni di Piombo. A colmare questo vuoto è la fiction «Il sorteggio» di Giacomo Campiotti, con Beppe Fiorello, Gioia Spaziani e Giorgio Faletti. Il film tv, in onda lunedì (in prime time su Raiuno contro il Grande Fratello) svela le ansie e i turbamenti di un operaio Fiat (Fiorello) chiamato a fare il giudice popolare nel primo processo alla Brigate Rosse, nel maggio 1976, a Torino. «Mancava il punto di vista di chi ha subito il fuoco incrociato - ha detto Beppe Fiorello che non si è lasciato fotografare ieri per protesta alla diffida diffusa dai suoi avvocati con le foto dei due fotoreporter che si sono infiltrati al matrimonio dell'attore, sabato scorso, all'interno del Vaticano - Stavolta, gli Anni di Piombo sono raccontati da un uomo comune, che reagisce con smarrimento, ansia e grande timore. Io stesso, se fossi stato chiamato, non so se sarei stato in grado di fare quell'atto eroico, tra pallottole e armi fisiche che volavano. Campiotti ha raccontato questa storia senza sparatorie né rivoli di sangue, ma attraverso la violenza maturata nel senso psicologico e la paura di un uomo che vede in tutti l'ombra del killer. È la storia di un uomo che deve decidere se rimanere un piccolo uomo o fare un salto di qualità. La storia è però molto attuale perché il rapporto tra Stato e cittadino è di scottante attualità e mai come oggi è stato così basso». Lo sceneggiato, scritto - tra gli altri - da Fiorello e Campiotti, era nato per il cinema, opzionato dieci volte, per due volte presentato e rifiutato dal ministero e poi ripreso dalla Rai, perchè - come ha sottolineato Del Noce - «tra i compiti della fiction del servizio pubblico c'è anche quello di rievocare fatti che riguardano il nostro Paese, soprattutto quella conflittualità che si viveva allora, in quella stagione di minaccia incombente che Zavoli definì la Notte della Repubblica. Una vera sfida allo Stato. Sarebbe bello se anche le scuole ci chiedessero di vedere questo film». Per lo scenegiatore Giovanni Fasanella - che ha scritto la storia con Giuseppe Rocca e Giorgio Glaviano - la figura del protagonista Tonino Barone, che è un personaggio di fantasia pur rappresentando molti uomini di quel periodo, si ispira a due personaggi veri: «Un giurato che ho incontrato personalmente e un cronista di nera di mia conoscenza, il quale, quando gli dissero che il suo nome era nell'elenco insieme con quello di Carlo Casalegno (direttore di un giornale e vittima del terrorismo dell'epoca), si trovò di fronte alla scelta se fare il giornalista o no. L'Italia è un Paese malato: forse, uno psichiatra direbbe che soffre di stress post traumatico. So bene che c'era un grande imbarazzo ad affrontare un tema che era stato rimosso e, in un certo senso, lo è stato per sempre, perché c'è una parte del nostro Paese che evidentemente non vuole fari i conti con una storia a cui ha partecipato e di cui in qualche modo è responsabile».