L'altra faccia della strana coppia
Con l'autunno arrivano i primi colpi di due pezzi da novanta della nostra musica leggera: Paolo Conte e Andrea Bocelli. Il primo ha presentato ieri il suo nuovo album, «Nelson», quindici inediti che vivono nel mondo della poesia, da lui stesso definite piccole elegie contro la barbarie del quotidiano. In questi ultimi anni Conte è stato il più onesto fra i nostri cantautori storici, per esempio il primo ad ammettere una certa opacità nel nuovo repertorio se paragonato a quello storico. Una crisi di ispirazione che riguarda la quasi totalità dell'ambito senatoriale dei cantautori, diciamo fra quelli dai cinquanta anni in su. Ma se quasi tutti negano l'impoverimento, la mancanza di guizzi e di artisticità - magari preferendo sfornare una quantità eccessiva e soprattutto inutile di dischi dal vivo - l'astigiano più noto in Italia lo ha sempre ammesso. Sarà dunque molto interessante vedere come reagirà il pubblico alle prese con le nuove canzoni, soprattutto dal vivo, dove Conte non ha mai deluso. «Della realtà è meglio non parlare per non sollecitare brutte abitudini - dice l'avvocato - ci sono battaglie perse in partenza contro certi modi di fare e criticare non basta. Ci vorrebbero impegni più forti, forse bisognerebbe fare delle multe». Conte non perde il suo buon umore un po' perfido ma prende le distanze anche dalla cosiddetta «canzone sociale» della quale non è mai stato un portavoce. Pur scagliandosi contro slealtà, cattiveria, volgarità e cattivo gusto all'italiana, Conte rivendica per se stesso un ruolo di performer, di musicista puro, di chi sta bene seduto dietro ad un pianoforte. Pista letteraria e fortemente autobiografica per Andrea Bocelli, che convoglia i suoi fan direttamente in libreria. È appena uscito da De Agostini «La musica del silenzio», racconto in terza persona di una vicenda umana e artistica straordinaria. Bocelli mostra di voler seguire l'esempio di alcuni colleghi che negli ultimi anni sono stati presi in maggior considerazione più per le loro fatiche editoriali che non per quelle musicali (Francesco Guccini, Lucio Dalla, Franco Battiato, ecc.), anche se il suo libro venne pubblicato per la prima volta dieci anni fa. Bocelli utilizza la voce narrante Amos per un tracciato introspettivo, un racconto articolato, un viaggio nel tempo che rivela storia, gusti e passioni. Sarà il caso di ricordare che Andrea Bocelli, con i suoi settanta milioni di dischi venduti in tutto il mondo, è in realtà l'unico artista italiano a poter vantare una reale popolarità da hit parade negli Stati Uniti. Probabilmente un libro del genere avrebbe qualche possibilità anche in America. Accadde qualcosa di simile a Luciano Pavarotti con «Giorgio», libro e film sul suo mito. Si tratta di due artisti molto seguiti, soprattutto perché non hanno mai dato fregature al proprio pubblico, i quali, nonostante tutto, sentono impellente il bisogno di diversificare, di presentarsi sotto altri panni, un po' per il pericolo di stancare un po' per mettere in rilievo altri lati spettacolari a cui evidentemente credono molto. Nonostante tutto affiora scontentezza, come se il successo e l'accettazione da parte del pubblico non fosse così scontata, come è stato per anni. Il 2011 costituirà un banco di prova per artisti di questa generazione. Molti di loro sono stati fortemente scottati questa estate, per via di tour deludenti, date cancellate, poca affluenza, scarso entusiasmo. Se tutto ciò dovesse ripetersi anche con i nuovi dischi - che da qui ai primi dell'anno arriveranno numerosi - sarebbe veramente allarme rosso.