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Il vero Giacomo

Giacomo Leopardi

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Le biografie di Pietro Citati non sono mai "impressionistiche". Lo scrittore toscano studia, compulsa materiali, si documenta, esplora archivi, scava. Poi, però, entra in gioco una cifra che definiremmo "affettiva" nel senso che nasce e si sviluppa una sorta di complicità tra biografo e biografato. È stato così per Goethe e Tolstoi, per la Mansfiel e Kafka: e più che mai è scattata la molla dell'empatia con Giacomo Leopardi al quale Citati dedica il suo nuovo libro («Leopardi», Mondadori). Ma l'empatia non rende tutto più facile: anzi. Ed ha ragione il Nostro a dire che il lavoro è stato "faticosissimo", che la ricognizione tra opere e giorni del Poeta di Recanati lo ha "sfinito". Perché, è vero, la vita di Giacomo non è ricca di eventi e si concentra nell'arco di trentanove anni: e tuttavia è una vita lunga e lungamente sofferta, se si guarda al sovraccarico di illusioni e delusioni, amori e disamori, e sogni, scoperte, interrogativi, appelli senza risposta che la contrassegnano. È una vita romantica, certo, con quell'intimità strapazzata e dolorante che nega affermando, e viceversa; e con la costellazione degli amori infelici, che non impedisce di cantare l'Amore, come la rivelazione della Natura "matrigna" che nulla può contro le suggestioni che vengono da una "notte dolce, chiara e senza vento" e da un "maggio odoroso" pieno di struggimenti. Ma è anche, come ben comprende Citati, una vita "moderna", che mette al centro la "richiesta di senso". Costeggiando il nichilismo, via via che pone in discussione e sgretola non solo Dio e i valori tradizionali, ma ogni ideologica infatuazione per la Storia e il Progresso. Non c'è salvezza cristiana, in Leopardi; ma ancor meno, forse, salvezza "laica". E dalle contraddizioni non si esce attraverso alcuna prospettiva consolatoria, che si leghi ai miti della rivoluzione/redenzione sociale: a redimere l'uomo è la morte, e, in vita, la chiara consapevolezza di non sapere chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Un uomo col presente strozzato e senza prospettive future? Sì, e tuttavia - e la biografia di Citati è ben attrezzata per favorire questo tipo di percorso problematicamente "aperto"- in Leopardi, come del resto in Baudelaire, in Dostoevskj, in Nietzsche e, per venire a tempi a noi più vicini, in Cioran, non solo non c'è fuga né dalla vita né dalla realtà ( basti leggere le pagine dello "Zibaldone" per accorgersi che il Nostro, pur sdegnando di lasciarsi coinvolgere sul terreno dei "partiti", sia di segno reazionario (come sarebbe piaciuto sa suo padre Monaldo), sia di segno liberale (come sarebbe piaciuto agli amici fiorentini del Vieusseux), sa guardare alla politica e alla società con un lucido, ferreo realismo. Leopardi smaschera, demistifica, va all'attacco di ogni retorica: per certi versi, assomiglia a Machiavelli, è ironico e spietato come lui. Ma Citati smonta l'etichetta di materialista per tanti anni affibbiata al poeta di Recanati. «Nessuno nega - scrive ironico - che Leopardi fosse materialista - ovvia verità che un tempo ha provocato fra gli studiosi italiani articoli, libri, convegni, riunioni, colloqui, seminari, entusiasmi, estasi, ebbrezze -: ma questo materialista conseguente aveva qualcosa di diverso da (quasi) tutti gli altri materialisti. Odiava ferocemente la materia». È vero anche che Giacomo è "un Machiavelli che ha letto Rousseau", dunque non può dimenticarsi dell'"umanità". E allora quell'umanità non si neghi alle illusioni, riscopra nell'infanzia del cuore e negli eroi del mondo antico valori ed entusiasmi. Riscopra la vitalità e un corpo ben temprato, capace di affrontare i pericoli, come di amare e di godere. L'uomo che si è immerso nella biblioteca paterna, abbandonandosi a uno "studio matto e disperatissimo" che ha contribuito a fiaccare inesorabilmente il suo fisico ( puntualissima l'indagine di Citati sugli anni felici dell'infanzia e quelli devastanti dei mille malanni, a partire dal più grave: la tubercolosi ossea), non cerca la morte. Un'ulteriore contraddizione? Può darsi, ma, a suo modo anche una lezione esemplare. Di vita.

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