di LIDIA LOMBARDI Il principe Sforza Ruspoli, «don Lillio» per i romani, mi attende sul portone del palazzo di famiglia, a largo Goldoni, con le finestre che affacciano sul Corso.
Miprecede con passo leggero e deciso fino al primo dei salotti. C'è la consolle con le foto che lo ritraggono vicino a Margareth Tathcher, a papa Wojtyla e a papa Ratzinger. Ma il fulcro della stanza, per i riflettori che lo illuminano, è un dipinto bello e carismatico. «Eccolo, il mio Cosimo I de' Medici. È tutto di mano del Bronzino. Sta da sempre in questo palazzo. Però non l'hanno esposto nella prima monografica dedicata al sommo artista. Hanno preferito una replica proveniente da un museo di Sidney. Non capisco perché». Già, è strana questa storia del Bronzino romano ignorato dai curatori della rassegna inaugurata il 23 settembre a Palazzo Strozzi. Novanta dipinti provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo per la mostra ideata dalla sovrintendente Cristina Acidini e curata dal direttore degli Uffizi, Antonio Natali, e da Carlo Falciani, tra i massimi esperti del Manierismo. Intendiamoci: di Cosimo I de' Medici Agnolo Bronzino con la sua bottega fece una ventina di repliche. Ma quella di Palazzo Ruspoli ha un ineccepibile pedigree. Lo dimostra don Lillio tirando fuori una sfilza di carte. E più le esamina, più si accalora sull'«esclusione». «Nessuno dei curatori è venuto a vedere il dipinto prima dell'apertura della mostra. Soltanto tre giorni fa il professor Falciani ha esaminato il quadro, proprio in questo salotto. "È di grande qualità", ha detto. Del resto lo aveva visto già in foto, due estati fa, ad Ajaccio, con il sovrintendente del museo corso, Philippe Costamagna. Entrambi avevano apprezzato il mio Bronzino. Ma allora, perché non esporlo a Palazzo Strozzi e far venire la replica di Sidney? Falciani mi ha spiegato di aver preferito non accostare in rassegna dipinti dello stesso soggetto. Anche la replica degli Uffizi non è in mostra. Ma ancora non mi spiego. Il mio Bronzino racconta un bel pezzo di storia dei Medici, del Papato e di Roma». Ed eccole, le pezze d'appoggio che il principe squaderna. Il giudizio del 1959 di Paola della Pergola, direttrice della Galleria Borghese, che definì l'opera «di altissima qualità». Poi Vittorio Sgarbi scrive: «L'uniformità della stesura sembra escludere l'intervento di bottega». Rilancia Claudio Strinati, che sta preparando una monografia su Agnolo di Cosimo e che l'anno scorso, quando ancora era sovrintendente a Roma, testimoniò a Ruspoli: «Certi elementi cruciali (la tipologia dello sguardo, la posizione nello spazio del personaggio, il vigore e la solennità della stesura) sono determinanti per essere certi della datazione e dell'autografia in quanto esclusivi del Maestro. Aggiungo che l'opera estremanente sintomatica di un momento storico-artistico importante nella storia pittorica italiana ed europea». Infine, qualche settimana fa Antonio Paolucci, ora a capo dei Musei Vaticani. Invitato a colazione da Sforza Ruspoli unì alle delizie del palato, all'amabilità della conversazione con «Lillio» e donna Maria Pia il piacere dell'occhio davanti al quadro. Il giorno dopo fece recapitare al principe un biglietto: «Nessun dubbio che si tratti di un'opera autografa e giovanile del Bronzino». Giovanile. È un'altra freccia nell'arco del nobile romano. Il suo Cosimo I è ritratto con l'armatura ma senza il toson d'oro, l'ambita onirificenza ottenuta nel 1569, insieme con la nomina a Granduca di Toscana, venutagli non dall'imperatore ma da papa Pio V. «Potrebbe significare che il mio è tra i primi ritratti di Cosimo eseguiti dal Bronzino, magari il primo, l'originale - suggerisce - Una cosa è certa: il dipinto è sempre stato in questo palazzo». Lo conferma un inventario dei quadri di casa Ruspoli datato 1714 e ritrovato da don Lillio nell'Archivio Segreto Vaticano. Al punto n. 2 è registrato un «quadro dipinto in tavola originale del Bronzino». Il cerchio si chiude con alcune considerazioni. Palazzo Ruspoli fu costruito in tre anni, dal 1556 al 1558. All'Ammannati, architetto toscano, lo commissionarono i Rucellai, banchieri della corte di Cosimo. Il quale regna dal 1519 al 1574 e nell'arco di questo tempo diventano papi tre Medici: Leone X, Clemente VII e Pio IV. «In questo periodo Bronzino viene a Roma - ricorda don Lillio - Nel 1703 Francesco Maria Ruspoli, uno degli uomini più ricchi d'Europa, grande mecenate che fonda l'Arcadia e sceglie Haendel come maestro di cappella, compra il palazzo. Ha un esercito di 7800 uomini, che mette al servizio del Papa. Questo edificio e i suoi arredi si legano ancora alla Chiesa». Il principe ripone le carte ma ha un ultimo guizzo. Quando gli ricordo che il toson d'oro è anche nello stemma dei Ruspoli.