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La copertina può ingannare, l'«uomo dei sogni» sembra un libro di sport, ma in realtà è un trattato sugli uomini, sulla vita: o meglio sul sogno di una vita.

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Deitifosi leccesi prima e romanisti poi, ma anche quelli di un popolo che vede in lui il nuovo messia. L'uomo dei sogni è Mirko Vucinic, montenegrino in forza alla Roma dal 2006. Un sogno partito dalle periferie di Niksic quando il Montenegro era parte dell'ex Jugoslavia, o meglio parte di quella Serbia dalla quale s'è poi distaccato nel 2006: per uno strano scherzo del destino lo stesso dell'arrivo in giallorosso di Vucinic. Una storia di sogni che attraversa la vita di uomini. Sono loro i protagonisti del libro edito da Limina, storia di gente di sport all'interno della storia stessa. Gli otto uomini protagonisti dell'ascesa sportiva di Vucinic, della sua vita, del suo successo come uomo. Una biografia insolita che Piero Torri, ex collega de Il Tempo e dal '92 al Corriere dello Sport, ha tracciato con la sapienza di chi vive da sempre nel calcio: se ne nutre, ne scrive e ne trae spunti e stimoli riuscendo a non essere mai banale. Un percorso che parte dall'«uomo anteriore»: Dejan Savicevic detto il «genio». Probabilmente il più grande fuoriclasse calcistico che quel lembo di terra abbia mai sfornato. Punto di riferimento e luce guida, seppur ideale, del giovane Vucinic: storia che introduce al secondo uomo. L'«uomo del destino», quello che ha cambiato la vita di un ragazzino trasformandola in un sogno. È Pantaleo Corvino, attuale ds della Fiorentina dei Della Valle, talent scout che «pesca» un giovanissimo Vucinic sui campetti del Montenegro e lo porta al Lecce per 800 milioni. Trenta quelli che guadagnerà a stagione l'imberbe attaccante al suo arrivo in Puglia. Il primo tecnico della nuova vita italiana di Mirko Vucinic sarà l'«uomo della prima volta»: alias Alberto Cavasin all'epoca tecnico di un Lecce fatto di giovani talenti. «Quando vedo giocare Vucinic ogni volta è come stare davanti a un quadro di Van Gogh» racconta il trevigiano su quel ragazzino con la faccia da strafottente che ha il genio nei piedi. «Quello più bravo oggi non c'è» è la frase con cui si apre la storia del quarto uomo, Delio Rossi, che al suo arrivo a Lecce andò a fare un blitz tra i ragazzi della Primavera. Trovò un vivaio vitale con Bojinov, Konan e Ledesma, ma il tecnico della Primavera gli disse che il più bravo non c'era: era in punizione. Rossi non mollò la presa e il primo contatto con il «punito», proprio Vucinic ovviamente, fu decisivo. Preso subito in prima squadra perché non ci voleva molto a capire che si trattava di un fuoriclasse. Ma il vero salto di qualità Vucinic lo fa con l'«uomo dell'utopia», Zdenek Zeman, il boemo patito del 4-3-3 con il quale Mirko decolla definitivamente. E così via attraverso le storie degli altri personaggi che hanno contribuito a far diventare Vucinic quello che è oggi: un fuoriclasse. L'«uomo della moda», ovvero il suo procuratore Lucci, eppoi l'«uomo dell'Aventino» ossia Daniele Pradè: il direttore sportivo della Roma che lo ha voluto fortemente in giallorosso. Quindi il percorso continua con l'«uomo dei comportamenti» (Luciano Spalletti), fino a Claudio Ranieri, l'«uomo di San Saba», attuale tecnico della Roma. Colui che ha capito prima di altri come Vucinic possa essere in futuro per i giallorossi il dopo-Totti... ma quella è un'altra storia.

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