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Sequestrati dai Demoni del teatro

Maddalena Crippa ed Elia Schilton, protagonisti della rappresentazione.

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In un'epoca che si immola sull'altare della velocità e della vita virtuale, in cui siamo tutti posseduti dal «demone» della mancanza di tempo stupisce che la gente abbia ancora il coraggio e la voglia di misurarsi con i mali della società contemporanea scritti da Dostoevskji. Ed è davvero una tendenza controcorrente che il luogo deputato ad accogliere un confronto tanto ponderoso sia il teatro con l'allestimento de «I Demoni», fortemente voluto e difeso dal genio internazionale Peter Stein che non ha avuto paura dell'etichetta di antico o superato nel proporre una rappresentazione da record, dalla durata di ben dodici ore, ripartite fra nove ore di recitazione e tre di necessaria pausa rifocillante con possibilità di catering per il pranzo e la cena e spuntini negli ulteriori tre intervalli. La singolare e prolungata kermesse approda oggi e domani, dalle 11 alle 23, alla Sala Petrassi dell'Auditorium con un cast di trenta attori impegnati a incarnare ben novecento pagine di romanzo, sia pure adattate per la scena. Viene smentito chi pensava a una follia, a uno strenuo sacrificio fisico e mentale richiesto agli spettatori in virtù di quella medesima fiducia sconfinata nel regista che ha indotto la giura del Premio Ubu ad assegnare a questo lavoro la palma del miglior spettacolo del 2010, anche se soltanto pochissimi eletti avevano potuto apprezzarlo nella tenuta umbra in cui ha debuttato. I biglietti risultano, infatti, esauriti da dieci giorni e non si fanno eccezioni praticamente per nessuno. La gente, allora, non è così catturata dal digitale terrestre o fagocitata dalle sfide televisive e dimostra di rispondere volentieri alle sollecitazioni che esulano dalla banalità commerciale. Magari non sarà costante e tutta efficace la comunicazione espressiva di questa grandiosa macchina teatrale, però sono in tanti a dare credito al desiderio legittimo di un artista di collaudata esperienza di voler coinvolgere il pubblico a una partecipazione corporea e non soltanto emotiva e intellettuale. L'idea di far snodare la vita insieme all'opera pretendendo che l'incontro fra personaggi e fruitori avvenga nei tempi e nei modi di una giornata condivisa è piaciuta forse proprio perché siamo abituati a isolarci nella solitudine vuota dei nostri appartamenti e a lanciare sguardi distratti e acritici nei riguardi delle voci sguaiate, urlanti e tutte clonate da modelli già di per sé deteriori. Staccare il cellulare per un giorno, darsi irreperibili, chiudersi in uno spazio collettivo e denso di umori come solo il teatro sa essere, incontrare figure del passato che magistralmente anticipano e denunciano il nostro diabolico quotidiano, nei contenuti se non nelle forme, è sfuggire alle pressioni dei «demoni» esterni e interiori del nuovo millennio e abbracciare le vicissitudini di un gruppo di rivoluzionari nichilisti in cui è quanto mai liberatorio identificarsi. Non tremino coloro che soffrono di problemi posturali o di naturale irrequietezza motoria, le sedute non oltrepassano quasi mai l'ora consecutiva, lasciando adito a passaggi itineranti e a collaborazioni empatiche al modico prezzo di trenta euro, mai così completamente ammortizzati. Un passatempo d'elite? I romani ne hanno fame e sete spirituali, a quanto pare, rinunciando perfino alla gita del week-end o al pic-nic nel parco.

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