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"De Andrè la mia saudade"

Dori Ghezzi

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Lei è originaria di Lentate sul Seveso. È nata nel 1946, ha sposato il compianto Fabrizio De André ed è una cantante. Dori Ghezzi scende in campo per la musica da presidente della giuria di un trofeo: stasera l'ultimo appuntamento con il Premio Fabrizio De André nell'omonima piazza romana (zona Magliana): una serata di musica e spettacolo. Dori Ghezzi, come si svolgerà il Premio? «Ci sono state delle selezioni. Tre per tutta Italia: una al Sud, una al Centro e una al Nord per una prima scrematura. Poi c'è una giuria finale per queste due serate (ieri e oggi, ndr). Da una parte siamo felici per chi vince, dall'altro lato è un'operazione dolorosa per chi non ce la fa. E comunque vada, anche tra chi perde ci sono artisti che continuano a suonare».  In questo momento si trova a lavorare a qualche progetto musicale? «Io mi occupo sempre dei lavori di Fabrizio, più che altro. E seguo molto da vicino il lavoro di Cristiano. Siamo pur sempre una famiglia». Cristiano De André va in tour con le canzoni del padre. Come è nata l'idea? «Aveva attraversato un periodo difficile. Io ho sentito più che altro l'urgenza di un tour del genere. Gli ho detto di cogliere la palla al balzo, visto che gli chiedevano sempre di cantare le canzoni del padre. Allora ho pensato: perché no? E la cosa infatti è andata molto bene. Ora dovrà soltanto rimboccarsi le maniche. Partendo da un punto più avvantaggiato». A quale canzone di Fabrizio De André è più affezionata? «Difficile dirlo. Io penso soprattutto agli album. Trovo straordinari la "Buona Novella" e "Creuza de mä"... È difficile, ci sono canzoni che mi suscitato saudade non perché siano in assoluto le più belle, ma perché magari ti commuovono di più, come "Amore che vieni, amore che vai" oppure "Ho visto Nina volare" che mi fa muovere le viscere. Contengono un qualcosa che mi prende». Un ricordo o un'immagine di suo marito? «Ce ne sono talmente tanti... Anche se penso che a rappresentare la nostra storia, oltre all'esperienza terrificante del sequestro, fu quello di trasferirci anzi tempo all'Agnata. Ancora c'erano i lavori in corso. Non c'era niente. Non era finita la casa. Fu un periodo indimenticabile». Secondo lei che tipo di musica dovrebbe ascoltare i giovani d'oggi? «L'importante è che l'ascoltino. Poi con la maturità si cresce. Ora vedo che c'è in ambito musicale un certo segno di ripresa. Sono rimasta sorpresa nell'ascoltare giovani musicisti tipo Paolo Nutini che, all'età di 17-18 annui, cantava e componeva come se l'avesse fatto da sempre. È molto comunicativo, a dispetto di molti falsi artisti». Tra poco ci sarà Sanremo. È ancora un Festival rappresentativo della musica italiana? «È un appuntamento pur sempre importante, perché rappresenta una vetrina per chi ha qualcosa di valido da proporre. È un'opportunità». Una domanda sulle sue abitudini. Accende la tv, cosa guarda? «Ahimè, le notizie. E a volte mi chiedo anche perché me ne stia lì a guardarle... Poi i film li vedo volentieri. E anche "X Factor", dove c'è del buono». Ha un suo pupillo? «Di questa edizione sono riuscita a vedere solo una puntata. Però del passato secondo me una brava era Noemi. E c'è un ragazzo di cui si sta parlando, che vorrei produrre». Il nome? «Non si può ancora dire, siamo in trattativa».

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