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Roma incontra Loach

Il regista Ken Loach

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Ken Loach, uno dei registi contemporanei più attenti alle problematiche del mondo del lavoro, dell'impegno politico e sociale, è stato ospite di una tre giorni romana. Presso il Centro di Cultura Ecologica si è concluso ieri l'incontro con il cineasta, nell'ambito della manifestazione «Il mio amico Ken», organizzata dal Comune di Roma con il V Municipio. Tre i film selezionati per l'occasione, «Il mio amico Eric», «Il vento che accarezza l'erba» (Palma d'oro a Cannes nel 2006) e «In questo mondo libero». Oltre alle pellicole di Loach, in programma anche il concerto della musicista irlandese Kay McCarthy e le testimonianze sulle trasformazioni del quartiere Tiburtino dal dopoguerra a oggi. Ovvero dalla Tiburtina di Pasolini alla Tiburtina Valley: memoria storica delle trasformazioni di una periferia romana. Il 73enne Ken Loach appare magro e come al solito in abiti casual, quasi da lavoro, come una persona anonima. Invece, è uno dei più grandi registi al mondo che ricorda come «i personaggi debbano avere sempre delle contraddizioni, perché il film è la storia dei contrasti. Da ragazzo, quello che mi conquistava di più era il cinema italiano, grazie ai vostri film sono il regista di oggi. "Gomorra", ad esempio, è una bella pellicola costruita con grande talento da Garrone. Ma adesso il cinema italiano non si vede in Inghilterra. Il mercato è dominato da Hollywood: non arrivano film italiani, così come non si vedono pellicole di altri Paesi se non quelle americani. Certo, so che non è facile realizzare film non commerciali come i miei. Ma i politici dovrebbero sostenere, con tutte le loro forze, il cinema dei loro Paesi. Se continua così, saremo costretti a sorbirci un solo modello di cinema e, magari, un solo modello di società. Gli schermi non ci appartengono più e personalmente il 3D non mi entusiasma affatto. Tutto è monopolizzato dai blockbuster americani. Ma se c'è una cosa che davvero mi disturba sono tutti quei film di Hollywood incentrati sulla guerra in Iraq che ritraggono i soldati americani come le vere vittime. E che dire dei milioni di iracheni colpiti da questa tragedia? Non ne parla mai nessuno». Parlando poi del suo film «Il mio amico Eric», Loach ha sottolineato che «il calcio è uno sport bellissimo, di grande intelligenza ed eleganza. Lo seguo sempre con enorme passione e credo sia colpa di certa stampa, che amplifica le malefatte degli ultras, se c'è tanta negatività attorno al mondo del calcio negli ultimi tempi». Ricordando infine il suo ultimo film, «Route Irish», presentato a Cannes nel maggio scorso, Loach ha aggiunto che «la guerra in Iraq è un qualcosa che io e il mio sceneggiatore Paul Laverty volevamo trattare da tempo, ma dovevamo prima trovare un modo per raccontarla. Purtroppo, i governi britannici e americani hanno violato le convenzioni di Ginevra, praticando ogni tipo di tortura. «Route Irish» è il nome con cui viene definita la strada che collega l'aeroporto di Bagdad alla Green Zone colonizzata dagli americani, in pratica è il percorso più pericoloso al mondo. Nel suo film Loach racconta di soldati assunti privatamente da corporation in affari con i governi e incaricati di rapire e torturare i presunti terroristi: «Questo è lo spirito dei nostri giorni - ha affermato il regista - Ormai tutto è privatizzato, ogni cosa da cui si può trarre profitto. Incluso l'esercito ovviamente».

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