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«La passione» dolceamara di Mazzacurati

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Inclineall'ironia, ma pronto a suggerire anche l'emozione, specie quando, tra le pieghe della beffa, si fanno avanti temi seri, come la Passione sul Golgota che dà il titolo al film. Si comincia sul versante del buffo perché il protagonista, che è un regista di cinema da cinque anni senza più idee né film al suo attivo, proprio mentre un produttore gli chiede finalmente un progetto per una diva acclamata, viene convocato d'urgenza nel paesino toscano dove ha una casa perché, non avendo provveduto a fare certe riparazioni, una copiosa perdita d'acqua sta danneggiando un affresco del Cinquecento in casa di un suo vicino. Il sindaco - anzi, la sindachessa - non esita a ricattarlo: o lo denuncia alle Belle Arti o lui si assume il compito di curare, di lì a cinque giorni, per il Venerdì Santo, una rappresentazione della Passione che in quel paese aveva una lunga tradizione interrotta solo dalla morte del suo ideatore. Da qui un susseguirsi di eventi che mettono a dura prova il regista: per un verso costretto a tener a bada il produttore che da Roma chiede con insistenza notizie e, a un certo momento, anche la stessa diva venuta fin lì per rendersi conto delle sue idee sul film, per un altro, intento a metter su alla meglio quella Sacra Rappresentazione che, ad ogni tappa, accumula contrattempi o disastri, nonostante, ad una svolta, un ex galeotto pentito si impegni a risolvere anche le situazioni più ardue, tra cui il fallimento di uno pseudo attore ingaggiato per interpretare Gesù. Tre croci su un monte e una notte di tempesta susciteranno alla fine un'atmosfera tutta diversa: coinvolgendo e commuovendo. Mentre il regista, forse, troverà la sua strada. Un equilibrio attento di tutti gli elementi: all'inizio le disavventure del protagonista, ora espresse con partecipazione ora con umorismo. In seguito la caricatura colorita, però sempre con misura, di quella cornice quasi rurale in cui tutti i difetti vengono a galla, suscitando il riso, spesso con commiserazione. Per concludere, appunto, con quel Golgota paesano che sa vestirsi di sacro nonostante le cifre quasi opposte di prima e senza uno strappo. Lo stile di Mazzacurati. Nei panni del regista, Silvio Orlando. Sulla sua faccia tutti gli echi, i climi, i colori del film. Una interpretazione esemplare. Cito anche Giuseppe Battiston. Come ex galeotto poi crocifisso svela più di sempre un'umanità sincera e profonda. Che conquista.

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