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Ma la fiction non è fedele alla verità storica

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Laminiserie in due puntate è stata gradevole ma non sempre attinente alla verità storica. Oltre che il mio cognome da ragazza, Metz, io porto, per matrimonio, quello della più antica dinastia romana: i principi Massimo, nel cui palazzo cinquecentesco, dove ancora oggi abitano, si compì il 16 marzo 1583 lo struggente miracolo che d'allora la nobile famiglia ha sempre commemorato alla stessa data di ogni anno di ogni secolo. E non ci sono stati né "Sacchi di Roma" né guerre o iatture che abbiano mai interrotto la tradizione: chiunque può accedere alla cappella di famiglia per la commemorazione del miracolo. Il miracolo, citato anche negli Atti della canonizzazione di San Filippo Neri, si compì quando Pippo bòno risuscitò, alla presenza del padre e dei servitori, il quattordicenne principino Paolo Massimo, morto nella sua stanza da letto stroncato da una febbre maligna. Quattordici anni dopo il padre del ragazzo, il principe Fabrizio amico e protettore di Filippo ebbe la consolazione, sotto Papa Gregorio XV, di vedere canonizzato l'Apostolo di Roma, che per lui rimaneva sempre il suo Filippo. Nella fiction, invece, si parla di un principino di Nerano, che frequentò dapprima l'Oratorio di padre Filippo, ma poi fu costretto ad allontanarsi contrastato dal severissimo padre-padrone. Il principino ne fu talmente dispiaciuto che, come succede purtroppo anche oggi a tanti ragazzi nei casi di anoressia, cominciò a rifiutare il cibo. Il padre Fabrizio, pentito, chiama allora al capezzale padre Filippo, che riesce finalmente a farlo mangiare e a farlo guarire. L'episodio è ben raccontato ma sostituito a quello vero per non impressionare i piccoli telespettatori - spiega la produzione - con la morte di un ragazzo come loro. Però i cultori delle tradizioni romane sono rimasti delusi

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