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La vendetta degli antichi maestri

Santa Cecilia di Francesco Guardi (1712-1739)

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A volte può capitare di avere un tesoro a casa senza rendersene conto. Come è accaduto a Vienna, al proprietario di un quadro del Seicento dipinto dal fiammingo Frans Francken II, un'Allegoria della virtù e del vizio. Il suo legittimo possessore non sopportava più quest'opera a sfondo moraleggiante e così decise di venderla ad 80.000 euro. Caso o lungimiranza hanno voluto, però, che prima di cederla egli si rivolgesse agli esperti della casa d'aste Dorotheum. Ammirata la qualità dell'opera, la direzione di Dorotheum consigliò al fortunato signore di mettere il quadro all'asta con una stima di 400-500.000 euro e di lasciar decidere il mercato. Miracolo: l'opera è stata aggiudicata a 7 milioni di euro, uno dei migliori risultati raggiunti quest'anno a livello internazionale per un dipinto antico. E questa è stata la dimostrazione che durante la crisi i quadri degli antichi maestri non hanno registrato la forte volatilità che ha colpito il settore dell'arte contemporanea e hanno saputo difendere meglio i valori consolidati. D'altro canto con la somma necessaria per acquistare una sola opera di una star del contemporaneo si può costruire un collezione d'arte antica di livello internazionale. E perfino molti artisti contemporanei e i loro galleristi investono gli sterminati profitti degli ultimi anni comprando antichi maestri. Di tutto questo si è parlato ieri nel convegno intitolato «Arte e investimento: la fortuna dei Dipinti Antichi» ed organizzato dalla casa d'aste Dorotheum nella strepitosa cornice di Palazzo Colonna, in vista delle aste viennesi in programma dal 12 al 14 ottobre. «I fattori – ha spiegato Mark MacDonnell, esperto di dipinti antichi di Dorotheum – che condizionano il valore di un'opera d'arte antica sono la provenienza, lo stato di conservazione, la qualità pittorica ed il soggetto con un particolare successo per quelli femminili. Ad esempio, "La ragazza con il cappello di paglia" del pittore austriaco Friedrich von Amerling (1803-1887) rispondeva al massimo grado a tutti questi criteri ed è stato aggiudicata ad un milione e mezzo di euro partendo da una stima di 200.000, mentre un suo autoritratto delle stesse dimensioni è stato aggiudicato a soli 45.000 euro: il soggetto non è stato considerato attraente. Insomma, è il mercato ad attribuire il valore economico di un'opera d'arte». Fervente sostenitore del libero mercato, l'avvocato d'arte e collezionista Fabrizio Lemme si è scagliato contro la rigida applicazione da parte del nostro ministero per i Beni Culturali di norme che in pratica vietano l'esportazione di qualunque manufatto artistico. «Sono certo – ha detto Lemme – che se mia figlia volesse portare all'estero per indossarlo l'abito da sposa in seta di San Leucio di mia nonna andrebbe incontro ad un divieto. Io invece tifo per la cultura del libero mercato, quella che scopre e promuove ciò che è nuovo e spesso sottovalutato». Infine, Claudio Strinati, Dirigente generale presso il Ministero per i beni culturali, ha messo in rilievo che «nel mondo della notizia domina solo il feticcio adorato da masse sterminate, si chiami Caravaggio o Van Gogh. Tutto il resto sembra non esistere. Il caso recente del "Martirio di San Lorenzo", da qualcuno erroneamente collegato alla mano di Caravaggio, lo dimostra: agli occhi della gente lo stesso quadro sarebbe stato un capolavoro se attribuito al Merisi mentre sarebbe diventato una crosta se firmato da un artista poco noto».

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