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L'onnipresente Corrado Augias ha appena usato la ribalta del Festival della Letteratura di Mantova per pubblicizzare il suo nuovo libro, edito dal liberale Mondadori.

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Edè ancora più uguale a se stesso perché declina i misteri con il proprio anticlericalismo. Così il volume - nero di copertina e nero di contenuti - parla de «I segreti del Vaticano» e svaria da Nerone persecutore dei cristiani agli scheletri nascosti negli armadi di San Pietro e Castel Sant'Angelo, del Quirinale, della Cappella Sistina, dell'Opus Dei. Ecco il giallo di Emanuela Orlandi, le morti violente di Calvi sotto il ponte dei Frati Neri di Londra e di Michele Sindona avvelenato in carcere. Oppure del colonnello delle guardie svizzere Estermann, di sua moglie e del capolare Cédric Tornay. «I segreti del Vaticano» è già balzato al terzo posto della classifica dei libri più venduti. Nessuno ne dubitava. Perché l'abbinamento Vaticano-intrighi-tesori è vincente a prescindere, legato com'è alla storia millenaria della Chiesa che affianca alle aureole i malfattori, ai puri i corrotti, ai poverelli i nababbi. E perché il potere temporale dei papi si è nutrito di episodi dubbi e insabbiati. Anche se onestà impone di scrollarsi sempre di dosso i pregiudizi, prima di firmare libri-inchiesta o gialli a sensazione. Ma insomma, questo del Vaticano a sensazione è un pozzo senza fondo e un filone d'oro per libri, film e plot d'autore. Oltretutto arricchito da curiosi casi editoriali. Come quello di «Imprimatur», libro-bomba di Rita Monaldi e Francesco Sorti, marito e moglie autori di romanzi storici, coraggiosamente pubblicato da Pironti e rilanciato nel 2002 da Mondadori, edito in 45 paesi e tradotto in 20 lingue, ancorché poi sparito dai negozi italiani. Doveva essere il primo di sette romanzi storici, a comporre la frase «Imprimatur secretum veritas misterium unicum» («Si pubblichino tutti i segreti del mondo, ma la verità resta sempre un mistero»). La figura centrale è papa Innocenzo XI, di un'antica famiglia romana di banchieri, gli Odescalchi. E si staglia con i suoi interessi privati sullo sfondo di una morte misteriosa avvenuta in una locanda. Per di più il pontefice sarebbe stato finanziato dall'eretico Guglielmo d'Orange. Una storiaccia che, rilanciata da «Imprimatur», avrebbe contribuito a bloccare la santificazione di Innocenzo XI, il papa in carica durante l'assedio di Vienna che sancì la vittoria dei cristiani sui turchi. E gli autori sostengono che proprio il contenuto scandaloso del volume avrebbe causato la reazione della Santa Sede e il blocco della vendita nelle librerie. Altro che il plot facilmente smontabile del «Codice da Vinci» di Dan Brown, con la maternità della Maddalena che si unisce carnalmente a Cristo e partorisce i figli generati con Gesù. E ben altro dalla vicenda narrata da Umberto Eco ne «Il nome della rosa», anche in questo caso con quelle morti sospette nel convento medievale. Vicende fantasiose, magari condannate Oltretevere, ma nate dall'immaginazione degli autori, ancorché allusive a un clero che gronda di lacrime e sangue, a una curia di intriganti. Fa scalpore invece chi fa i conti in tasca al Vaticano. Ieri Il Tempo ha ricordato «Vaticano Spa», la «verità sugli scandali politici e finanziari della Chiesa» che il giornalista Gianluigi Nuzzi ha raccontato dopo essere entrato per primo, nel 2008, nell'archivio segreto di monsignor Dardozzi, tra i principali gestori dello Ior fino alla fine degli Anni Novanta. Ne emergono spericolate operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza. Ancora, in «La finanza bianca - La Chiesa, i soldi, il potere» Giancarlo Galli scava nell'escalation dei cattolici nel mondo dell'economia e della finanza italiana, speculare alla perdita di prestigio della finanza laica legata ai nomi di Mattioli e Cuccia. E dove Angelo Caiola, già banchiere del Papa, spiega come ha risanato lo Ior e come la finanza cattolica ha venduto l'anima al potere. Un altro cavallo di battaglia anticlericale è la questione del silenzio del Vaticano davanti all'Olocausto. Ma un conto è leggerla in un libro, un altro vederla raccontata sulle tavole di un palcoscenico, con l'evidenza dei personaggi, la suggestione della recitazione degli attori. Si gridò allo scandalo nel 1963 quando il tedesco Rolf Hochhuth nel dramma «Il Vicario» mise sotto accusa Pio XII, quel papa Pacelli che ancora vede in salita il processo di canonizzazione. Eccessi e tinte forti che rimandano a un film dello stesso anno di Otto Preminger. Si intitola «Il cardinale» e racconta attraverso la storia di un prete irlandese la contraddizioni della Chiesa. Un kolossal giocato sugli eccessi. Che, ovviamente, ebbe successo.

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