Tutte le follie del Vate
A metà Cinquecento Vicino Orsini faceva incidere dei versi su una panca di tufo nel Sacro Bosco di Bomarzo che, parafrasati, suonano così: "Voi che pel mondo gite errando, vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua ove tutto vi parla d'amore e d'arte." Ad essi - ci piace immaginare - dovette ispirarsi anche Gabriele D'Annunzio nell'allestire il Vittoriale degli Italiani; un monumento anch'esso sublime e caotico, sacro e profano, oscuro e luminoso, insomma la perfetta materializzazione dell'estetismo dannunziano capace di plasmare tanto le parole quanto gli oggetti. L'esilio dorato del dandy nazionale a Gardone Riviera e l'avventura architettonica della "Santa Fabbrica del Vittoriale" erano cominciati all'indomani della sfortunata impresa fiumana e dell'inarrestabile marcia su Roma di Mussolini che, da amico del poeta, ne era diventato diffidente epigono. La fantasia di D'Annunzio e la matita dell'architetto Gian Carlo Maroni trasformavano quella che era stata la villa del critico d'arte tedesco Henrich Thode in un insieme di edifici, strade, piazze, teatri, giardini, fontane, boschetti. La dimora vera e propria, ribattezzata francescanamente la Priorìa, veniva infine stipata con una varietà di oggetti, tutti in un accostamento kitsch inenarrabile. Proprio questi ultimi, i più segreti, i più personali del Vate, sono i protagonisti di un nuovissimo percorso museale, uno dei risultati più sorprendenti dell'instancabile Presidente della Fondazione del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri, nonché dell'allestimento di Angelo Bucarelli e della Fondazione CAB. Ecco il D'Annunzio segreto finalmente svelato e pronto per essere ammirato da sabato 2 ottobre. «L'esposizione - chiarisce Guerri - nasce dal desiderio di visitatori e studiosi di poter sbirciare negli armadi, nelle scrivanie, nelle cassettiere e nei portagioie che arredano la maison dorée del poeta abruzzese. Ecco l'esigenza di creare uno spazio ad hoc in cui esporre a rotazione gli oggetti di uso quotidiano appartenuti a D'Annunzio». In poco meno di un ventennio di permanenza a Gardone D'Annunzio collezionò opere d'arte, arredi, persino la prua della nave Puglia, ma soprattutto trecento paia di calzature, camicie, divise, e ancora valigie, gioielli e migliaia di accessori. Come non ricordare poi gli abiti da lui stesso disegnati per le tante signore che ospitava ora per galanti vacanze ora per frettolosi amplessi? Chemise vaporose sfilano accanto a vezzosi completi da dandy e ai collari, unici, preziosissimi, appartenuti agli amati levrieri. «Impressionanti su tutto - prosegue Guerri - sono le scarpe, centinaia, belle, lucide, colorate, curate maniacalmente dal Vate tanto da sembrare confezionate ieri. Triste invece le ben note camicie con il buco anteriore indossate in tarda età per facilitare i rapporti sessuali e non denudare le membra ormai cadenti». Sorprendenti quanto uniche sono le lettere del poeta alla cuoca, denominata scherzosamente Suor Intingola, per ringraziarla dei pasti, seppur frugali, o ricompensarla con trecento lire per una frittata particolarmente gustosa! E infine ci sono i molti assegni non riscossi, «Forse - spiega Guerri - perché troppo magri, come alcuni della Mondadori che pur aveva curato la pubblicazione della sua Opera omnia pagandolo profumatamente». Il Vittoriale insomma continua a possedere quel che dona, la cultura e la bellezza di un uomo rivoluzionario. Proprio per questa ragione dal 6 ottobre Gabriele D'Annunzio sarà in giro anche per il mondo con una mostra itinerante dal titolo "D'Annunzio, la vita come un capolavoro". «Un tour - conclude Guerri - che da New York proseguirà per Atene, Tokyo e Roma in una sapiente girandola di oggetti, foto, filmati che hanno lo scopo di far conoscere ancora di più il poeta sia fuori che dentro l'Italia, dove troppo spesso la sua figura è stata maldestramente accostata al fascismo e ai fanatismi delle avanguardie del Primo Novecento».