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La mia vita con Giorgio "un incontro con la Storia"

Donna Assunta e Giorgio Almirante

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Un uomo, un partito, un solo grande amore. Il partito è il Movimento Sociale dal secondo dopoguerra agli albori della segreteria Fini. L'uomo è Giorgio Almirante, poeta della politica, il segretario che seppe cavalcare il suo tempo senza rinnegare nulla. Donna Assunta, al secolo Raffaella Stramandinoli, è la donna che è stata a fianco di Almirante come moglie, confidente, amica dai primi anni '50 sino alla morte nel 1988 e che ne racconta l'intensa storia d'amore in «Donna Assunta Amirante, La mia vita con Giorgio» (Il Borghese, pag. 150) di Antonio De Pascali. L'autore innesta nella storia politica in bianco e nero della Prima Repubblica le pennellate di colore di aneddoti e ricordi, curiosi, spesso intimi, sempre emozionanti della donna che incontrò la storia e che ancora oggi dice «Giorgio mi manca tanto», quasi non fossero passati 22 anni da quella mattina in cui lui sgranò i suoi occhi azzurri e le strinse il braccio prima di spirare. Donna Assunta, fu un colpo di fulmine? «No, no. Lo incontrai per caso, in Calabria, dove lui venne per un comizio del Msi e dove io vivevo con la mia famiglia, monarchica. Avevo 19 anni e durante il comizio, punzecchiavo i miei amici». È stato difficile vivere con il padre della Destra italiana? «No, è stato facile perché era un uomo particolare, di grande intelligenza e umiltà, doti che sapeva conciliare a perfezione. È per questo che oltre all'amore avevo per lui una grande stima». Però il momento politico non era facile... «Infatti, fu facile e difficile contemporaneamente, a causa della persecuzione continuata nei suoi confronti. È stata dura subire angherie e mortificazioni, ma eravamo intelligenti, e poi lui aveva fede nel popolo italiano, era convinto che non sarebbe caduto nel degrado ed era convinto di farglielo capire proprio con le sue parole». I momenti difficili? «Tanti, ma la preoccupazione più grande era per la famiglia: eravamo abituati ad avere gli occhi all'occipite...» E quelli più felici? «Indimenticabili i momenti trascorsi in famiglia, quando eravamo soli perché c'era armonia e vivacità senza limite». Per esempio? «Lui diceva di essere un "pellegrino" perché spesso partiva il venerdì e stava fuori fino alla domenica sera per incontrare la sua gente in ogni parte d'Italia. Spesso ci caricava tutti in macchina e ci portava con lui. Mentre guidava, era un pericolo pubblico, teneva allegri i ragazzi, rideva...» Per niente musone? «Assolutamente no, era un uomo vivo, mai musone. Quando entrava a casa chiedeva se c'era "zio Adolfo" che ero io, e poi giocava con i figli, si lasciava strappare la camicia... Amava i ragazzi, tanto: pensi che quando stava fuori da solo, anche pochi giorni, mi scriveva lettere in cui diceva quanto gli mancava la famiglia». Niente a che vedere con il politico che parlava nove ore alla Camera.... «Era diverso a seconda dei momenti. A noi manca molto». Che mi dice di Fini? «Che mi sono sbagliata, completamente, ed ho grande amarezza. Credevo che cambiando generazione la situazione sarebbe migliorata invece lui è un trasformista che ha annullato quello che Giorgio aveva creato con sacrificio e pazienza, senza poterselo godere, lui che dormiva nei peggiori alberghi quando andava per comizi perché non c'erano soldi per pagare e neanche tanti che ti volevano accogliere... Oggi però stiamo peggio di ieri perché oggi c'è il degrado morale...» E Almirante che direbbe di Fini? «Sarebbe talmente deluso che non lo vorrebbe vedere più - dice con decisione la battagliera donna Assunta - Fini non si puo appellare alla gente che ieri ha creduto in lui perché ha tradito quel popolo e lo sta prendendo in giro. Si scelga la sua strada e se la faccia in brodo, tradire la fede di tanta gente è cattiveria pura».

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