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La fine del Duce diventa un thriller

Claretta Petacci, amante di Benito Mussolini

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Dieci anni or sono, lo storico francese Pierre Milza, un autorevole studioso francese di origine italiana e buon conoscitore della storia del nostro paese, pubblicò una fortunata biografia di Mussolini che si muoveva lungo la linea interpretativa del grande lavoro biografico di Renzo De Felice con il quale egli aveva intrattenuto un ventennale rapporto di amicizia. Nell'ultimo capitolo, trattando della morte di Mussolini, egli concludeva che fosse necessario lasciare a coloro che «fanno commercio degli enigmi della storia» la verifica dell'ipotesi secondo la quale l'uccisione di Mussolini sarebbe stata il risultato di un'azione clandestina studiata e portata avanti dai servizi segreti inglesi in collaborazione con elementi della Resistenza locale. Questa ipotesi, in verità, come ricordava lo stesso Milza, era stata avanzata proprio da Renzo De Felice nell'ultimo suo lavoro, il libro-intervista Rosso e Nero, che, al suo apparire, fece molto scalpore e suscitò un acceso dibattito. Secondo lo storico italiano - che aveva sottoposto a un severo esame critico le versioni ufficiali e non della morte di Mussolini - proprio nelle ultime settimane si sarebbe scatenata una vera e propria gara tra agenti dell'Intelligence britannico e agenti americani dell'OSS. I primi avrebbero dovuto, seguendo le direttive di Churchill, impadronirsi del Duce e «giustiziarlo» immediatamente, mentre i secondi, seguendo il parere di Roosevelt, avrebbero dovuto catturarlo per sottoporlo a un processo davanti a un tribunale internazionale. Gli agenti dell'Intelligence avrebbero battuto in velocità i colleghi americani infiltrandosi fra i partigiani che avevano catturato il Duce e sarebbero stati, quindi, in maniera diretta o indiretta all'origine della esecuzione di Mussolini. La morte non consenti a De Felice di approfondire l'ipotesi della «pista inglese» e il mistero rimase tale. Adesso Pierre Milza ha ripreso in mano la questione in un libro, Les derniers jours de Mussolini, in uscita presso Fayard e di prossima traduzione in Italia per i tipi di Corbaccio. Il volume, subito anticipato in Gran Bretagna dal Telegraph, ha, comprensibilmente, innescato nuove polemiche perché l'ipotesi del coinvolgimento di Churchill vi è accennata senza mezzi termini. In realtà, però, il lavoro di Milza non produce nuovi documenti, ma si limita a individuare e, per così dire, sistematizzare tutti gli aspetti oscuri che circondano la fine del Duce, i cosiddetti «misteri di Dongo». Lo storico francese lascia intendere che Churchill si sarebbe recato in incognito nel 1945 sul lago di Garda non già per dipingere, come sostiene la versione ufficiale, ma in realtà per cercare di impadronirsi del suo famoso carteggio con Mussolini e, forse, altri documenti compromettenti. Il che è certamente plausibile ma in verità non sembra avere molta attinenza con l'eliminazione del Duce.   La cosiddetta «pista inglese» ha trovato qualche anno fa un supporto nelle rivelazioni di un ex partigiano italiano, Bruno Lonati, il quale sostenne di aver fatto parte, insieme a un agente dell'Intelligence britannico con il nome di copertura di capitano John, di un commando incaricato proprio di uccidere Mussolini e la Petacci. Tuttavia documenti in proposito, a conferma della testimonianza, non sono mai stati rinvenuti. E anche il libro-inchiesta di Milza, che si legge con il gusto del thriller storico, non è riuscito a produrne. Ma ha, comunque, consentito di mettere sotto la lente di una critica attenta tutte le contraddizioni delle versioni note sulla uccisione di Mussolini e di prendere in considerazione tutte le possibili ipotesi. Ma il mistero resta un mistero.

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