La rivincita della commedia

La commedia all'italiana? Fa parte a buon diritto del cinema «impegnato». A mettere definitivamente nella nella serie A della cinematografia Alberto Sordi, Paolo Villaggio, Christian De Sica ci ha pensato ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, da sempre appassionato intenditore di cinema. Con buona pace dei critici «politicamente corretti», che da sessant'anni snobbano tutto quello che riesce a strappare una risata. Napolitano, al Giffoni Film Festival, ha ricordato «Roma città aperta» e «Vincitori e vinti», sul processo di Norimberga. E poi, elogiando «20 sigarette», sulla strage di Nassiriya, di Aureliano Amadei ha aggiunto: «Il cinema italiano è diventato famoso nel mondo proprio come cinema impegnato. L'impegno ha avuto varie forme. Ad esempio si è realizzato anche nella commedia all'italiana, che ora si vuole rivalutare». Insomma tra i film belli, impegnati, che hanno fatto crescere la nostra industria di celluloide ci sono «Un americano a Roma», «I soliti ignoti», «Poveri ma belli», e poi «Fantozzi», «Bianco, rosso e Verdone» e magari anche «Natale a Rio».   Era ora. Per mezzo secolo i critici cinematografici impegnati, quelli che una volta avevano la barba e il soprabito Eskimo, si si sono rifiutati di dare anche una misera stellina a capolavori come «L'Esorciccio» e «Ultimo tango a Zagarolo», cercando di costringere il pubblico a bibitarsi i raccapriccianti polpettoni che arrivavano dall'Europa dell'Est. Insomma, ridere non è più un peccato... anzi. E ha voluto dare una scossa al soporifero conformismo che certe volte mummifica il nostro cinema anche Gabriele Muccino. Il regista di «L'ultimo bacio» e «La ricerca della felicità» sulla polemica nata per l'assenza di premi a film italiani a Venezia ha detto che è «sconfortante, mortificante e non produttiva». Sulle parole di Gabriele Salvatores, secondo il quale la nostra cinematografia è carente di inventiva, ha aggiunto: «Sento parlare di questa crisi da almeno vent'anni, da quando speravo di poter fare un giorno questo lavoro. È un discorso che ho superato facendo da solo ciò che gli altri spesso esaurivano in molte parole e pochi fatti». Sono tutti messaggi chiari per il nostro cinema, che è ad una svolta. Messaggi che indicano che attori ed autori bravi li abbiamo, cerchiamo di valorizzarli prima di tutto qui in Italia. Senza quello snobismo un po' provinciale che vorrebbe bollare tutto quello che fa ridere.