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Campiello a sorpresa

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La vincitrice del premio Campiello Michela Murgia con Emma Marcegaglia, Giuseppe Tornatore e Andrea Tomat

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Non ci vogliono stare. Non vogliono mandare giù il rospo che il Cavaliere - pieno di difettucci e difettoni nonostante il meno-male-che-silvio-c'è - ha la virtù di non scocciare chi lavora per le sue aziende. Insomma, lascia liberi di dire e di pensare. E vince con i suoi autori. Ieri in Laguna - per il Supercampiello assegnato a Michela Murgia per «Accabadora», romanzo d'esordio, nella dorata cornice del Teatro La Fenice - Silvio è stato il convitato di pietra. Perché hanno difeso a spada tratta la loro indipendenza di autori del gruppo Mondadori (Einaudi compresa) tre dei cinque finalisti: il favorito della vigilia Antonio Pennacchi, Michela Murgia, appunto, e Laura Pariani. Una levata di scudi orgogliosa a fronte di quella innescata dall'addio pubblico di Vito Mancuso alla casa editrice di Segrate. Che hanno definito una «polemica meschina» e «una guerra commerciale». «Sono distante mille anni luce da Berlusconi e da ciò che rappresenta - ha detto la sarda Michela Murgia, che ha ottenuto 119 dei 300 voti dei lettori - ma il beau geste contro di lui non va chiesto agli scrittori. Ci deve pensare la politica. L'altra maggioranza non ci è riuscita. Berlusconi è l'incarnazione di tutto ciò che io non voglio essere, ma io sto bene nella mia casa editrice». Pennacchi («Canale Mussolini», Mondadori, 73 voti) è spiccio come i contadini cispadani del suo romanzo: «Ciò che penso di Berlusconi sono affari miei, anche se è chiaro. Ma è in atto una campagna intimidatoria contro noi autori del gruppo. Dietro questa guerra c'è un conflitto tra i grandi editori. E perché devo risolvere io il conflitto di interessi e non magari, gli operai, i facchini o gli stampatori del gruppo? Se non non c'è riuscito Prodi, tocca a noi? La verità è che Feltrinelli e Rizzoli non mi hanno voluto, Mondadori sì». D'accordo Laura Pariani, arrivata ultima con «Milano è una selva oscura» (Einaudi, 13 voti): «Alla casa editrice c'è un catalogo prestigioso e sono fiera di stare con loro. È una polemica meschina e insopportabile». Insomma, i tre mondadoriani hanno zittito chi, a inizio giornata, aveva resuscitato l'esangue divo-letterato radical chic, Alessandro Baricco, e il suo fondo sulla «calata dei barbari» pubblicato su «la Replubblica» e prontamente chiosato dal compare Scalfari: «Era ora che i barbari arrivassero al potere. Noi classi subalterne - ha tuonato Pennacchi - siamo giunte al cuore della cultura. Forse per Scalfari e gli altri la modernità è arrivata prima, per mia madre è cominciata nel 1963 quando ha visto la prima lavatrice e i figli sono potuti andare all'università». Il «fasciocomunista» pontino s'è tirato dietro Murgia e Pariani, ma anche il Gianrico Carofiglio targato Sellerio (62 voti). Il feltrinelliano Gad Lerner (penultimo, 21 voti) ha preferito distinguersi. Ciò che più teme è «l'assuefazione» alla barbarie: «Picchiare un 'vu cumprà da parte di ragazzini sotto lo sguardo divertito dei genitori mi fa orrore». Frizzante Campiello, con un presidente di giuria, Giuseppe Tornatore, estasiato dalla cinquina. Della saga di Pennacchi sui contadini cispadani che fecero la Bonifica pontina sanno in tanti, dopo il trionfo al Premio Strega. Gad Lerner con «Scintille, una storia di anime vagabonde», insegue la sua famiglia ebrea: un viaggio dall'originaria Polonia paterna a Beirut, la città della madre. Il Dante di «Milano è una selva oscura» della Pariani è un ex libraio diventato barbone che vaga nei gironi infernali del 1969. «Le perfezioni provvisorie» di Carofiglio inseguono l'ennesima indagine dell'avvocato Guido Guerrieri nel ginepraio della sua Bari. Ma ha ammaliato di più la favola di «Accabadora». La Murgia narra di una Sardegna arcaica, saggia e superstiziosa dove la sarta «zia Bonaria» aiuta i malati terminali a morire.

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