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Nella tv italiana non è tutto trash

Sofia Coppola alla Mostra del Cinema di Venezia

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Passerella allagata, caduti i Leoni di Dante Ferretti, acqua filtrata in sala stampa (tanto da dover staccare l'impianto elettrico), allagato il piano terra del Casinò. Impraticabile l'uscita dalla Sala Perla e nella sala Stucchi dell'Excelsior l'incontro stampa con Sofia Coppola è stato disturbato dal rumore incessante della pioggia. Cast e invitati si sono poi ripresi al mega party organizzato da Antoine Arnault di Louis Vuitton, all'interno dello splendido Palazzo Polignac. La regista premio Oscar, che ha presentato in concorso a Venezia «Somewhere», prodotto dal padre Francis Ford Coppola e da ieri nei cinema distribuito da Medusa, è piaciuta a critici e pubblico costretti a lunghe file per vedere il film. C'è tanta Italia nella storia di un attore maledetto (Stephen Dorff) alle prese con la convivenza forzata della figlia 11enne (la bellissima Elle Fleming). A cominciare dalla Ferrari nera ad alcuni paesaggi italiani, fino alla serata del Telegatto, con protagonisti, nel ruolo di se stessi, Laura Chiatti, Simona Ventura, Valeria Marini e Nino Frassica, in scene che offrono l'immagine di una tv italiana molto trash, cosa che ha già cominciato a montare non poche polemiche. Ma Sofia Coppola si è difesa affermando «di non voler assolutamente offendere la qualità della vostra tv, anche perché ormai lo show business e le tv sono uguali dappertutto, in ogni posto del mondo».   La regista non fatica a confessare che «ci sono molte storie e aneddoti della mia vita evocati nel film, anche se mio padre è molto diverso dal protagonista di "Somewhere". Però, ad esempio, la scena del Casinò in cui Johnny inizia la figlia a giocare è una cosa che ho vissuto davvero con mio padre. Come è reale il fatto che io e papà siamo andati realmente a Milano per una cerimonia dei Telegatti». La regista ha infine preso le distanze da chi sospetta che possa essere favorita nella corsa al Leone d'oro dal fatto di aver avuto una relazione con il presidente della giuria Quentin Tarantino, il quale è stato peraltro invitato il 14 settembre al «Chiambretti Night». Per una sorta di carrambata. Tony Tarantino chiede infatti al figlio Quentin di incontrarsi dopo 25 anni da Chiambretti. Tony, all'epoca, aspirante attore, pilota di aerei e cintura nera di karate, si separò dalla madre quando lei era ancora incinta di Quentin, che non conobbe il padre per oltre 20 anni. Oltre al fischiato film francese in concorso («Happy Few» di Antony Cordier, storia di scambi di coppie priva però di erotismo), è piaciuta la favola di Roberta Torre, «I baci mai dati», che ha aperto la sezione Controcampo. Una standing ovation per una trama tutta girata nella periferia di Catania dove una 13enne decide di far credere agli abitanti di poter fare un miracolo. Sua madre (la bella e stavolta bionda Donatella Finocchiaro che si è ispirata per il suo personaggio a Lory Del Santo e a Simona Ventura) decide di farne un business emarginando così suo marito (Beppe Fiorello), uomo e padre fallito. Altra intensa storia del sud Italia l'ha portata (fuori concorso) sul Lido Stefano Incerti che dirige Toni Servillo in «Gorbaciof», soprannome appioppato al protagonista per la sua vistosa voglia sulla fronte, che è un taciturno contabile del carcere di Poggio Reale, a Napoli. La sua vita scorre tristemente e si accende solo alla vista delle sue grandi passioni: il gioco d'azzardo e l'amore per una cinesina. La delusione arriva però con l'ultima pellicola italiana, oggi in concorso, «La passione» di Carlo Mazzacurati, che nella prima proiezione stampa ha diviso i giudizi. Con una prima parte del film piena amenità in una storia (stavolta) eccessivamente originale, rispetto a quelle dei suoi colleghi che hanno tratto i loro film da libri già noti. Se nel primo tempo si sorride, nel secondo tutto scade in un retorico afflato mistico.  

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