Ecco come me so 'mbriacato d'amore
GabrieleAntonucci Si terrà stasera, nella Sala Santa Cecilia dell'Auditorium-Parco della Musica, il concerto di Alessandro Mannarino che il 30 luglio è stato annullato a causa del maltempo. In realtà circa 2.000 fan, i più «irriducibili», hanno assistito quel giorno a un breve live improvvisato dalla band nel Bookshop dell'Auditorium. «Quando sono uscito sul palco per avvertire che non si sarebbe fatto più il concerto - ricorda Mannarino - ho sentito una grande delusione dagli spalti. Vista la loro fedeltà, nonostante la pioggia, non ce l'ho fatta ad andarmene e lasciarli così. Sono tornato nei camerini, ho avvisato i musicisti e ho chiesto loro di improvvisare qualcosa per quello splendido pubblico». Alessando Mannarino, con uno solo album all'attivo, l'acclamato disco d'esordio «Bar della rabbia», è già considerato un cantautore cult, tanto che qualcuno lo ha soprannominato «il Tom Waits italiano» o l'erede di Capossela. Un album in cui si raccontano le storie di personaggi ai margini della società, come ubriaconi, zingari, barboni e pagliacci, allegerite dall'ironia e dal suo gusto per il paradosso. Ritratti a tinte forti, arricchiti da sonorità etniche che spaziano dalla musica popolare italiana fino ai ritmi gitani e del Sudamerica, in un collage musicale che mantiene una sua intima coerenza con i temi trattati nelle canzoni. I protagonisti del «Bar della Rabbia» sono personaggi reali o semplicemente frutto della fantasia? «Ogni personaggio è in realtà un'allegoria di una condizione esistenziale. Il barbone, ad esempio, incarna la perdita della speranza, il ribellarsi alla società con la disperazione che, però, non porta a nulla. Il pagliaccio rappresenta quelle persone che fanno il proprio lavoro con il sorriso tutto il giorno e che poi tornano casa e la allagano con le loro lacrime. In realtà questi personaggi sono un pretesto per raccontare la realtà». Il brano «Me so'mbriacato» è diventato un piccolo «cult» sul web. Com'è nata l'idea di questa canzone? «È nata sette anni fa a casa mia a Roma in un pomeriggio assolato. Ripensando a un vecchia fiamma mi sono ricordato di quella strana contentezza, di quell'ebbrezza che ti prende quando sei innamorato, quando tutto diventa più forte. Anche se vai in un punto d'ombra di un cortile senti che c'è il sole, anche perché non può esserci l'ombra senza il sole». Nel brano «Bar della rabbia» utilizzi la forma dello stornello, che in genere è considerato un fatto folkloristico, quasi da taverna. Come mai questa scelta? «Originariamente doveva essere un pezzo hip-hop, poi risentendola non mi piaceva molto e mi è venuta come uno stornello. L'ho composta in periodo molto duro, è stato un modo per esorcizzarlo e per non piangermi addosso. Allora guardavo spesso dalla mia finestra un bar frequentato dai disoccupati e dai ladri del quartiere che giocavano a carte. Attraverso la fantasia anche un fallito può diventare un "eroe"». Molte persone ti hanno conosciuto attraverso il programma «Parla con me» di Serena Dandini. Che tipo di rapporto hai con la televisione? «Non voglio demonizzare la televisione, per me è stata importante perché mi ha fatto conoscere a tante persone. Rimane comunque un mezzo freddo, poco adatto alla musica, dove mancano l'adrenalina, quel rapporto particolare e quella fiducia che si instaurano con il tuo pubblico, che ti permettono di lasciarti andare ed esprimerti al meglio di te».