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Quando nel quarto movimento della nona sinfonia di Beethoven si cominciano ad ascoltare le meraviglie del coro dell'«Inno alla gioia» di Schiller si resta a dir poco sbigottiti.

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Ele voci ci sono quasi tutte: tenore, baritono, soprano e contralto. Senza dimenticare le voci bianche. Di fronte a questo miracolo si trova il pubblico dei musicofili romani che, in queste ore, ha la fortuna di assistere nella sala Santa Cecilia dell'Auditorium all'integrale delle sinfonie di Beethoven. Sul podio salirà uno tra gli ultimi grandissimi esponenti di quella tradizione direttoriale tedesca che prende le mosse da bacchette leggendarie come Furtwängler, Klemperer e Karajan. Si tratta di Kurt Masur che, fino al 24 settembre, sarà alla testa dell'orchestra e del coro di Santa Cecilia per donarsi in quattro concerti con relativa replica. È la prima volta che Masur affronta in Italia l'esecuzione del monumentale corpus sinfonico beethoveniano e memorabili sono rimaste le sue direzioni, sempre a Santa Cecilia, della prima, quarta, quinta e nona sinfonia quando prese parte nel 2007, insieme a Prêtre e Janowski, al festival dedicato dall'Accademia al genio di Bonn. «Affrontare l'integrale delle sinfonie - spiega Kurt Masur - è come raccontare la storia dell'umanità, con le sue gioie e i suoi dolori. Ogni volta che dirigo la prima, ad esempio, mi rendo conto che nessuno in quegli anni avrebbe potuto scrivere qualcosa di così audace e folle, quasi visionario. Così come la seconda è la più mozartiana e richiama continuamente "Il Flauto Magico". L'Eroica, invece, è una fotografia lucidissima degli eventi dell'epoca e prelude, quasi ineluttabilmente, alla tragicità della quarta». Il festival beethoveniano si è aperto ieri sera e replicherà oggi con le prime tre sinfonie. Proseguirà, il 9 e 10, con l'esecuzione della quarta e quinta sinfonia e poi, il 16 e 17, con la sesta e la settima per concludersi il 23 e 24 settembre con l'ottava e la nona. «Con la quinta - conclude il direttore - Beethoven apre un suo diario personale, con la sua lotta contro la sordità incombente che lo allontanava dalla convivialità ma lo portava piuttosto a stare con la natura, stato d'animo che dipinge meravigliosamente nella sesta. Così fino alla nona dove nonostante l'"Inno alla gioia" si riscontra una profonda insoddisfazione dell'autore che sembra chiedere a Dio perché non si accorga dell'infelicità che affligge da sempre l'umanità». Dalla natura alla cultura, dal dolore personale alle domande sulla sorte dell'umanità. Nelle nove sinfonie beethoveniane c'è tutta la profondità dell'animo umano sublimata in note e rapporti armonici e ritmici assolutamente rivoluzionari. Illuminanti.

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