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L'«Urlo» di Ginsberg e la Beat Generation

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Uncapolavoro della letteratura americana andato però incontro, nel '57, a un processo per oscenità. A quel processo, ma anche alla figura di Ginsberg studiata in ogni più riposta sfaccettatura, si sono dedicati due fra i maggiori documentaristi di Hollywood, Rob Epstein & Jeffrey Friedman, costruendo un film in cui la biografia ha intenzionalmente gli stessi spazi dedicati via via al processo (concluso con una assoluzione) e alla citazione dei versi più significativi di Ginsberg contenuti in «Howl». Tre stili perfettamente armonizzati fra loro. La cronaca in apparenza oggettiva del processo con interventi di accusa, difesa, testimoni; le letture dei suoi versi compiute in pubblico da un giovane Ginsberg alternate a un'intervista immaginaria in cui lo stesso Ginsberg, con qualche anno in più, svela se stesso, le ragioni della sua poesia, le tappe più salienti della propria vita, la madre in manicomio, l'omosessualità, le rivolte. Con la trovata che i versi letti e scanditi purtroppo in italiano vengono visualizzati da una animazione cui ha posto mano anche un noto collaboratore dello stesso Ginsberg, Eric Drooker, interpretando con fantasiosa fertilità visiva i temi e i momenti di quella poetica in cui la violenza più dura sapeva spesso accompagnarsi a lirismi di una quasi impalpabile quiete. Con il risultato di approdare ad un film in cui il documento sa farsi dramma e la cronaca si trasfigura in un'azione in cui i personaggi reali acquistano dimensioni di forte impatto emotivo. Dà volto al principale James Franco che, dopo essere stato James Dean e tre volte Spiderman, qui riesce a ricostruire con forte evidenza e partecipazione decisa le varie fasi attraversate da Ginsberg prima agli esordi poi meno giovane: con una autenticità straordinaria. Mi duole che Fernanda Pivano non sia più tra noi. Il suo giudizio su quell'interpretazione sarebbe stato prezioso.

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