Quel rompicapo chiamato famiglia
Una famiglia in apparenza normale. Il padre, Paolo, fa il costruttore, la madre è casalinga, il figlio, anche se sovrappeso, gioca con successo a rugby. Sono ricchi, vivono in una bella villa con piscina e non hanno problemi. Un giorno però Paolo incontra un uomo con qualche anno più di lui che sulle prime non sembra quasi riconoscere e che lavora in un bar. Lo invita a casa, ben accolto dalla moglie, ma qualche giorno dopo è costretto a correre in ospedale perché l'altro ha avuto un incidente grave e dovrà subire un intervento. Ha una figlia, anche lei adolescente, e Paolo si offre subito di occuparsene in sua assenza con il pieno consenso della moglie, anche se Matteo, il figlio, non vede con favore la novità. Da qui il resto, che si dipana abilmente in modo un po' enigmatico svelando a poco a poco, ma sempre con accenti sospesi, un complicato retroscena familiare che tende a chiarire le motivazioni di tutti (anche di un socio di Paolo nell'impresa immobiliare), ma ne complica altre, specie quando Matteo, superate le riserve nei confronti della nuova venuta, prima sentita come un'intrusa, cede con atteggiamenti spigolosi a un'attrazione che non tarda a risvegliargli i sensi. Si è scritto e poi rappresentato questo intreccio Dodo Fiori qui al suo secondo film (il primo, "Il silenzio intorno"). Il merito maggiore, soprattutto da un punto di vista narrativo, è nella costruzione ben dosata di quei segreti risvolti familiari accennati quasi solo di riflesso, preferendo certi rapporti e certe situazioni del passato farli solo intuire anziché illustrarli in modo esplicito. Con un risultato - accentuato da una regia nitida anche se tesa appunto a privilegiare l'indiretto - che pur qua e là rasentando l'inespresso, arriva a farsi accogliere con indubbia simpatia. Nelle vesti del padre, Paolo Sassanelli, con mimica salda. Adeguati al suo fianco i due adolescenti, Davide Nebbia e Marta Jacopini.