Il gioco della maternità
Dinuovo l'elaborazione di un lutto, sempre una donna al centro. Questa volta è Mousse, che vive a Parigi con un giovane, Louis, come lei tossicodipendente. Un giorno, il dramma. Louis muore per una overdose, Mousse, che si scopre incinta, contro il parere di tutti decide di tenersi il bambino, non in mezzo alla solita gente, lontano, in una casetta in riva al mare che le ha lasciato in uso un vecchio amico cieco. Ecco però che nel suo rifugio è raggiunta da Paul, fratello di Louis, omosessuale. Sta andando in Spagna e ha pensato di fermarsi lì qualche giorno, per verificare il suo stato d'animo. Il resto segue: con un rapporto prima quasi aggressivo poi con dei momenti di reciproca attrazione fra i due, con una meditazione di Mousse, tacita, interiore, sulla propria imminente maternità cui arriva a riconoscersi poco preparata. Soluzione sospesa. Solo il tempo potrà, per entrambi, arrivare a formularla. All'insegna dei silenzi. E della delicatezza. Con molta quiete nella rappresentazione di quel curioso rapporto che, quasi insensibilmente, genera dei sentimenti profondi che potranno essere di aiuto ad entrambi. Ozon, che si è scritto anche il testo, analizza i personaggi da vicino, soprattutto quello della donna cui lascia compiere, nel lutto, anche gesti in sé contraddittori, non ultimo un rapporto del tutto estemporaneo con un estraneo e un altro, una notte, con lo stesso Paul, all'inizio impreparato e a disagio, poi convinto. Senza mai però una nota alta, quasi privilegiando il non detto e operando sempre, nella struttura del racconto, una meditata opera di sintesi, perché vi emerga e abbia peso solo l'essenziale. In una cornice, tra mare e campagna, cui Ozon, grazie a una preziosa fotografia in digitale, riesce a dare toni quasi di idillio, pur rispettandone il realismo (e il lutto). La protagonista è Isabelle Carré, vista e ammirata di recente in "Cuori" di Alain Resnais. Qui anche più intensa. Paul è un noto cantante, Louis-Roman Choisy: un esordio al cinema che promette molto.